Centrodestra diviso tra maggioranza e opposizione: era inevitabile

Il centrodestra sembra soffrire sempre più, i motivi di tensione aumentano, così come gli affondi a distanza. Dopo lunghe e tese settimane in cui i leader Matteo Salvini e Giorgia Meloni si sono a malapena rivolti la parola, i due hanno capito l’importanza di trovare un’intesa sulle comunali. E non solo per le città in ballo – Milano e Roma – ma anche per rinsaldare la tenuta dell’intera coalizione di centrodestra. 

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Lo sapevamo, prima o poi sarebbe successo: una coalizione per metà dentro il governo e per metà fuori rischia di dover fare i conti con esigenze diverse. Per chi sta dentro il compito è sostenere il governo, presentando certo le proprie istanze, ma con l’intento di arrivare a una sintesi. Per chi sta fuori il compito è far luce su tutte le contraddizioni del governo, e quindi anche di una parte del centrodestra stesso. Una distanza non da poco, che si è rivelata in maniera chiarissima nella mozione di sfiducia al ministro della Salute Speranza: la mozione è stata presentata da Fratelli d’Italia dopo giorni di attacchi provenienti anche dalla Lega, ma al momento della verità il leader del Carroccio ha dovuto fare un passo indietro: lavorare con Speranza è difficile ma dobbiamo andare avanti, aveva detto. La presentazione della mozione di sfiducia era, forse, una strategia di Giorgia Meloni per smascherare il gioco di Matteo Salvini?

La sfida Meloni – Salvini

Effettivamente, la strategia di Matteo Salvini è ormai nota: l’ala “governativa” della Lega a lavorare per e con il governo, l’ala contestatrice (e quindi Matteo Salvini stesso) fuori a rivendicare gli stessi temi che, altrimenti, sarebbero di dominio di Fratelli d’Italia. Un gioco pericoloso, dietro il quale si cela – perfino in un momento come questo – l’estenuante lotta per la conquista dell’elettorato e, di riflesso, per la guida del centrodestra. Ma è un gioco, appunto, che rischia di logorare l’intera coalizione. L’ultimo esempio di forte tensione, che ha spinto il centrodestra al rischio rottura, è rappresentato dalle comunali a Milano e a Roma. L’attrito è stato causato dal ritiro dalla corsa a candidato sindaco di due esponenti di centrodestra: Albertini a Milano e Bertolaso a Roma. I due non hanno parlato esplicitamente delle motivazioni che li hanno portati a togliersi dalla scena, ma è lecito immaginare che dietro il ritiro possano esserci le tensioni del centrodestra. Gabriele Albertini avrebbe addotto motivi di famiglia, anche se in una lettera inviata a Libero afferma anche: “Avrei voluto Beppe Sala come vice“. Bertolaso invece taglia corto, in un’intervista al Corriere: “Ho ringraziato chi mi voleva sindaco della Capitale, ma non ho cambiato idea. Sono sicuro, gli ho detto di cercarsi qualcun altro”. 

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Salvini: “Basta con i veti”

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Sono mesi che cerco di costruire e unire il centrodestra in vista delle amministrative. A Roma e Milano avevamo i candidati giusti: Guido Bertolaso e Gabriele Albertini, ma altri hanno detto “no” per settimane e mesi e loro hanno perso la pazienzaha commentato Matteo Salvini all’alba dei due ritiri. Il leader del Carroccio rimprovera il centrodestra e fa la voce grossa: basta con i veti. Dall’altro lato, però, Fratelli d’Italia non si lascia intimidire. Lo stesso Ignazio La Russa invocava: “Salvini convochi un tavolo, lo chiediamo dal primo giorno ma non ci ascoltano”. Stando a quanto riportato dal Corriere, dopo il rischio rottura sarebbe arrivato l’atto di pace: venerdì mattina Giorgia Meloni avrebbe scritto a Matteo Salvini: da parte di Fratelli d’Italia non ci sono e non ci saranno “veti incomprensibili a soluzioni inutili“. Ora fonti leghiste fanno sapere che Salvini si dice soddisfatto, ma la prova del nove sull’avvenuta riconciliazione ci sarà solo mercoledì, quando è previsto un tavolo per discutere proprio di amministrative.

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L’elemento di novità

Insomma, alla fine è possibile che i due raggiungano un compromesso ma in tutta questa storia c’è un elemento di novità. Più i sondaggi si fanno preoccupanti, più le divergenze di coalizione si fanno pervasive. La Lega è data al 21,8%, mentre Fratelli d’Italia quasi al 19%. In un primo momento lo scontro è apparso solo su questioni nazionali: il centrodestra di governo si muove ormai in maniera compatta, ne è un esempio il progetto di legge alternativo al Ddl Zan presentato da Lega e Forza Italia, così come ne è stata una dimostrazione la votazione degli ordini del giorno contro il coprifuoco. Si è trattato di manovre atte a spostare porzioni di elettorato da un partito all’altro della coalizione, e forse ha funzionato. Perché ora i due partiti – Lega e Fdi – si avvicinano. Il problema è che lo scontro ora potrebbe estendersi anche a questioni programmatiche e non “da campagna elettorale”. Come le amministrative, appunto. E se il centrodestra fallisce su quel piano, potrebbe anche non rialzarsi.

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