Mistero sull’ingente arsenale di armi del giudice finito in manette

Tra le accuse per l’ex giudice De Benedictis e per il caporal maggiore dell’Esercito Serafino ci sono traffico e detenzione di armi ed esplosivi, ricettazione e munizionamento

Armi-Meteoweek.com

Tra le accuse contenute nell’ordine di arresto emesso dal gip di Lecce nei confronti dell’ex giudice Giuseppe De Benedictis e per il caporal maggiore dell’Esercito Antonio Serafino, 43 anni, ci sono traffico e detenzione armi ed esplosivi, anche da guerra, munizionamento e ricettazione. Tali arresti sono relativi al ritrovamento di un arsenale scoperto in una villa di Andria diverse settimane fa.

De Benedictis è già in carcere dal 24 aprile scorso per corruzione in atti giudiziari e lì ha ricevuto la nuova notifica di arresto. Secondo la polizia, i due, durante i loro incontri, avrebbero parlato spesso di armi, di come trovarle e occultarle una volta avute.

Gli inquirenti, tramite intercettazioni, avevano formulato l’ipotesi che un imprenditore di 55 anni di Andria, arrestato alcuni giorni fa, detenesse in custodia armi e munizioni del terzetto, in un luogo chiamato, nelle conversazioni, “il pozzo“.

Giuseppe De Benedictis-Meteoweek.com

Poi il 29 aprile scorso, la Procura della Repubblica di Lecce ha ordinato una perquisizione in ogni proprietà dell’imprenditore. Durante la perquisizione effettuata dalla Polizia in una masseria ad Andria, in un pozzo situato sotto un deposito attrezzi hanno trovato un enorme arsenale composto da oltre  200 pezzi tra fucili mitragliatori, fucili a pompa, mitragliette, armi antiche, pistole, esplosivi, bombe a mano e persino una mina anticarro. Trovate, inoltre, 100.000 munizioni di vario tipo.

L’imprenditore è finito in manette in flagranza di reato per detenzione armi da guerra e comuni, munizionamento, detenzione esplosivi, ricettazione.
L’ex giudice del Tribunale di Bari De Benedictis e il caporal maggiore  Serafino, arrestati per la detenzione dell’arsenale, se fossero liberi potrebbero costituire un “pericolo per la collettività“, come motivato dal gip di Lecce Giulia Proto che ha ritenuto il carcere unica misura cautelare che possa impedire la reiterazione dei reati da parte dei due uomini, come riporta l’Ansa.

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La gip Proto pensa che  sia «concreto oltreché attuale il pericolo di reiterazione di reati della stessa specie, tenuto conto che tale attività si è sviluppata nel corso di svariati anni: le condotte, lungi dall’esprimere carattere di occasionalità, lasciano intendere una dimensione di organicità degli indagati al traffico illecito di armi».

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