“Draghi fino al 2023”, ma non a tutti i partiti conviene: ecco quali

A parole tutti vogliono arrivare a fine legislatura con l’attuale governo, ma la realtà al di là delle dichiarazioni potrebbe essere diversa.

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“Draghi fino al 2023”, ma non a tutti i partiti conviene: ecco quali – www.meteoweek.com – Credit: Getty Images

“Draghi fino al 2023”. Tutti lo dicono, ma non è certo che tutti lo pensino. Arrivare alla fine della legislatura con l’attuale governo, infatti, potrebbe essere un’arma a doppio taglio per alcuni dei partiti che lo sostengono e ne fanno parte. Se è vero che, con l’arrivo del presidente del Consiglio Mario Draghi, è iniziata un’era rinominata “pax draghiana” – un periodo in cui forza politiche diversissime tra loro convivono in un unico esecutivo -, è anche vero che i partiti sono sempre più schiacciati sotto l’influenza del premier e non sanno più chi sono.

Bruxelles e il timore che Draghi diventi presidente della Repubblica

A spingere per mantenere Draghi al suo posto, il più a lungo possibile, è soprattutto l’Unione Europea. E il motivo è presto detto: all’inizio del 2022 ci sarà il passaggio di testimone per la poltrona di presidente della Repubblica, e al momento il numero uno di Palazzo Chigi sembra essere la persona più adeguata per ricoprire il ruolo. Eppure, se Draghi dovesse diventare capo di Stato, il governo cadrebbe, si andrebbe alle elezioni, e l’Italia subirebbe un nuovo periodo di instabilità politica. Oltre al fatto che, chiaramente, gli stanziamenti dei fondi del Recovery Plan tornerebbero in mano ai singoli partiti, che ricomincerebbero subito a litigare. Per questo Bruxelles si augura che tutto questo non accada.

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Il centrodestra

A chi sicuramente conviene che Draghi termini la legislatura è il centrodestra di governo. Soprattutto la Lega. Il partito di Matteo Salvini, infatti, stando ai sondaggi starebbe perdendo consensi. Da una parte perché ora il Carroccio gioca a fare il partito europeista, “costretto” dal premier, andando contro la sua linea storica. Dall’altra parte perché il gap con Fratelli d’Italia ormai è sempre più sottile. Ciò vuol dire che, se nel 2022 si andasse alle elezioni, Salvini & co. non avrebbero più grandi certezze di essere il primo partito d’Italia. E, in un attimo, potrebbero perdere tutto. A meno che non mettano una pezza sul rapporto, sempre più incrinato, con i colleghi di centrodestra all’opposizione (FdI). Proprio per questo concetto, al contrario, è molto probabile che Giorgia Meloni stia sperando nell’elezione di Draghi come capo di Stato. In un colpo solo otterrebbe un presidente della Repubblica meno di sinistra dell’attuale, Sergio Mattarella, e andrebbe al voto, cosa che chiede da anni.

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Il centrosinistra e il Movimento 5 stelle

Resta confuso il centrosinistra, come spesso accade. Al governo è in un esecutivo di unità nazionale, in eventuali elezioni correrebbe con il Movimento 5 stelle, e alle amministrative fa campagna elettorale da solo. Nonostante le perenni incertezze del Partito democratico, la stabilità sembra essere ben vista dagli elettori. Così, grazie anche alla perdita di consensi della Lega, i dem iniziano a riguadagnare posizioni in classifica. Forse al momento non sarebbero pronti per le elezioni, ma tutto può cambiare nel giro di pochi mesi (come ha dimostrato Matteo Renzi con l’ultima crisi di governo). Leggermente diversa la posizione del Movimento 5 stelle che, sulla stessa scia della Lega, sta andando contro a molti dei suoi principi fondanti. Ed è per questo che personalità del calibro di Alessandro Di Battista e Davide Casaleggio, che hanno fatto la storia dei pentastellati, hanno abbandonato il gruppo politico.

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“Draghi fino al 2023”, ma non a tutti i partiti conviene: ecco quali – www.meteoweek.com – Credit: Archivio Meteoweek
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