La Trattativa c’era, ma non è reato: condannati i mafiosi, assolti gli altri

Cosa rimarrà di questo processo se non dubbi e preoccupazioni? Assolti gli uomini che trattarono con i mafiosi, ma non i mafiosi stessi

Una decisione che lascerà enormi strascichi sulla cultura politica del nostro Paese. Quella di ieri sulla Trattativa Stato-Mafia è una sentenza per importanza pari a quella del processo Andreotti: lo Stato ebbe a trattare con i capi delle cosche mafiose siciliane, ma il fatto non costituisce reato. Una sentenza a cui l’assoluzione di Calogero Mannino aveva di fatto aperto le porte, facendone scricchiolare la ricostruzione.

Bisognerà ovviamente ancora attendere le motivazioni della sentenza che saranno depositate nelle prossime settimane per poterne capire meglio il significato, ma la condanna dei mafiosi Bagarella e Cinà lascia intendere una cosa, ovvero che per la trattativa ci fu ma per gli uomini dello Stato non costituisce reato. Infatti sono tutti assolti gli uomini delle Istituzioni che, condannati al primo grado del processo, erano in rapporti con i capi clan. Quindi ebbero davvero a discutere nei primi anni a’90 con la criminalità organizzata che terrorizzava il Paese, con l’obiettivo di mettere fine alla stagione delle stragi cominciata con l’attentato ai giudici Falcone e Borsellino.

LEGGI ANCHE: Draghi incontra Confindustria: sommerso dall’ovazione degli industriali

Le perplessità più grandi rimangono intorno alla figura di Marcello Dell’Utri, tra i fondatori di Forza Italia, ex-braccio destro e amicissimo di Silvio Berlusconi, già condannato in un altro processo a 7 anni di reclusione per concorso esterno in associazione mafiosa, essendo stato riconosciuto come mediatore tra Cosa Nostra e l’ex-Presidente del Consiglio. Dell’Utri ha compiuto 80 anni pochi giorni fa, numerosi esponenti politici hanno acquistato una pagina del Corriere della Sera per fargli gli auguri.

Impostazioni privacy