3 milioni di lavoratori senza green pass e pochissimi tamponi, stiamo rischiando un blocco produttivo?

I numeri forniti dalla Cgia di Mestre non possono che destare preoccupazione: 3 milioni di lavoratori senza green pass e un numero di tamponi giornalieri che non potrà in alcun modo soddisfare la loro richiesta

Non resta ormai che aspettare qualche giorno, al massimo qualche settimana, per capire se l’era del green pass darà inizio a quel caos che nelle ultime settimane è stato paventato da più parti. 

Di sicuro, il governo non poteva scegliere provvedimento più divisivo per cercare frenare l’avanzata dei contagi. Non aiuta il fatto che nessuno a parte l’Italia nel vecchio continente, se la sia sentita di imporre un obbligo così impegnativo. Si potrebbe anche obiettare che quanto sta accadendo in Inghilterra, con gli ospedali di nuovo al collasso e contagi che aumentano di giorno in giorno, potrebbe anche far rivalutare a molti la scelta portata avanti dall’esecutivo italiano. C’è anche chi ha parlato apertamente di un eccessivo allarmismo con cui i media hanno nutrito i loro lettori, al punto che erano in molti ad aspettarsi che nel giorno della sua introduzione, il 15 Ottobre 2021, accadesse di tutto. Una previsione non certo campata in aria, considerata la violenza della manifestazione a Roma, che ha trasformato una manifestazione pacifica contro il passaporto vaccinale, in un assalto storico e cruento alla sede sindacale della Cgil. Fatti che nei giorni seguenti, hanno alzato oltre ogni limite il livello di tensione nel paese. 

Invece, l’entrata in vigore del passaporto vaccinale è stata accompagnata da proteste civili e contenute. Gli allarmi sui suoi effetti infausti per la nostra economia non accennano però a diminuire.  Preoccupa molto in tal senso l’allarme lanciato dalla Cgia di Mestre nella giornata di ieri: al momento ci sono circa due milioni di persone che non potranno recarsi al lavoro. Non sono vaccinati e le possibilità di poter fare il tampone per regolarizzarsi sono poche, in quanto, spiega il report della Cgia di Mestre, “le farmacie e le strutture pubbliche/private dedicate a questo servizio non sono in grado di compiere giornalmente un numero di test sufficienti per coprire la domanda”. Una notizia non di poco conto che potrebbe mettere il governo in una posizione persino più scomoda di quella attuale. 

Il dibattito infatti torna attuale: è accettabile che un governo che mi da la libera scelta di recarmi al lavoro effettuando un tampone, e poi non metta in piedi un sistema in grado di realizzare questa possibilità? 

Nella giornata di ieri in Italia sono stati effettuati in tutto poco più di cinquecentomila tamponi. Un sesto della richiesta complessiva che secondo la Cgia esiste già adesso. Eppure, sembra tutto fin troppo tranquillo. I numeri forniti lasciano pensare a una criticità che certo non potrà essere risolta nel breve termine, ma questo significa però che non c’è soluzione  rapida per questi tre milioni di lavoratori.

Stiamo andando incontro a un blocco produttivo?

Di sicuro, anche solo il fatto di essere arrivati a porre questa domanda in modo concreto, testimonia quanti errori abbia commesso l’esecutivo in tal senso. Non aiuta nemmeno, come ha fatto notare Travaglio qualche giorno fa, la scelta di Draghi di non spiegare, di non confrontarsi con i cittadini, com’era invece abitudine del suo predecessore Giuseppe Conte. Di conferenze stampe che aiutino le persone a capire, ad accettare nemmeno l’ombra. 

La situazione però, spiega la Cgia, necessità di una presa di posizione forte, di decisioni che oltretutto, smentiranno a prescindere l’operato dell’esecutivo. Secondo l’associazione composta da artigiani e piccole imprese, il governo ha di fronte due scelte: o cambia la natura giuridica del green pass, che si potrà ottenere solo tramite il vaccino, oppure chiama in causa l’esercito e predispone una rete sul territorio che potenzi il numero di tamponi. 

Soluzioni che testimoniano la grande difficoltà del governo.

Fanno anche riflettere in tal senso le dichiarazioni rilasciate dal governatore leghista Massimo Fedriga: “La tensione è molto alta. Per questo dobbiamo fare la nostra parte. Le istituzioni non devono avere ragione ma raggiungere gli obiettivi. Il traguardo è il completamento della campagna vaccinale e il ritorno alla normalità“. Fedriga poi parla chiaramente di errori di comunicazioni fatti dalla maggioranza di governo: “Nella prima fase, c’è stata confusione sui vaccini. In generale, dobbiamo affrontare le fake news e smontarle. Non possiamo lasciare che informazioni sbagliate circolino senza smentite sui social”.

Fanno un po ‘sorridere le dichiarazioni del leghista, in quanto è stata propria la sua destra che ha cavalcato nell’ultimo mese tutta l’ondata di indignazione seguita dall’annuncio del passaporto vaccinale. Nel mettere in dubbio le motivazioni che hanno portato il governo a questa scelta, non si è fatta quell’informazione sbagliata a cui si riferisce Fedriga? Vi è anche da dire che l’inedita debolezza di Salvini all’interno del suo partito, potrebbe infatti aver convinto governatori come Fedriga ma anche Zaia, che è di tempo di abbracciare posizioni politiche più moderate, forse anche più draghiane verrebbe da aggiungere. 

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Resta però il fatto che a distanza di pochi dalla sua introduzione, il Green Pass sembra già pronto a gettare il paese nel caos. Che ci sia una parte della popolazione che rifiuti di vaccinarsi lo dimostra in modo inequivocabile il report della Cgia. L’esigenza di dover sopravvivere e dunque recarsi al lavoro, a fronte di questa impossibilità di poter fare regolarmente ricorso ai tamponi, convincerà i cittadini che è arrivato il momento di vaccinarsi?

Forse, ma se questo non accade, con 3 milioni di lavoratori che si trovano in questa situazione, quale sarà la conseguenza? 

Non è che in questo strano silenzio generale, stiamo per andare incontro a un blocco produttivo? 3 milioni di lavoratori non sono pochi, e non è ancora chiaro se adesso porranno comunque tornare nel luogo di lavoro in tempi brevi.

Lo scopriremo nei prossimi giorni, ma il sospetto è che potremmo anche trovarci di fronte al primo vero passo falso di Mario Draghi. 

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