Abbiamo intervistato Diego Fusaro per parlare della candidatura di Draghi al Quirinale e della gestione dell’emergenza sanitaria da parte del governo.
Quasi un decennio fa, Diego Fusaro irrompeva nella televisione italiana per parlare di teologia del mercato.
In pochissimo tempo, l’allievo di Costanzo Preve è riuscito a diventare un vero e proprio riferimento pop per il mondo dell’informazione, senza però perdere nulla in termini di contenuti nel dibattito pubblico. Fusaro è forse il primo filosofo italiano del nuovo millennio che è riuscito a conquistare i giovani con la cultura, anche se a volte il suo linguaggio lo ha reso oggetto di numerose critiche. Sono stati in tanti a sostenere ad esempio che continuare a utilizzare in modo ossessivo termini come turbocapitalismo per descrivere l’evoluzione del sistema in cui viviamo, fosse un modo per ridicolizzare la questione agli occhi dei giovani. Il tempo però sembra avergli dato ragione e molti giovani oggi lo leggono perché insoddisfatti dalla narrazione governativa riguardo la gestione dell’emergenza. E così, con le elezioni per il Presidente della Repubblica ormai alle porte e una crisi sanitaria che sembra ancora lontana dal concludersi, lo abbiamo contattato per chiedergli qualche giudizio sulle vicende politiche delle ultime settimane.
La candidatura di Mario Draghi al Quirinale è un’ipotesi sempre più concreta. Come giudicherebbe un’eventuale ascesa al Colle dell’ex Presidente della Bce?
Sarebbe il compimento del cursus honorum di un banchiere divenuto capo di stato e dunque l’immagine perfetta del piano inclinato in cui versa la società odierna.
Alcune settimane fa il Ministro dello Sviluppo Economico Giorgetti auspicava per Draghi un semi presidenzialismo di fatto, in cui sarebbe stato in grado dal Quirinale di poter, cito testualmente, “guidare il convoglio da fuori”. A suo parere sarebbe una forzatura costituzionale intendere in questo modo il ruolo di Presidente della Repubblica in una democrazia parlamentare?
A questo punto poco ci manca che nominino Draghi come nuovo duce. Mi pare che la tendenza sia quella, dare pieni potere a Draghi sotto ogni profilo, è molto preoccupante.
Però alcuni costituzionalisti sostengono che non si tratterebbe in alcun modo di una forzatura costituzionale, e che Draghi dunque si limiterebbe semplicemente a dare un’interpretazione diversa ma legittima da un punto di vista costituzionale del suo ruolo al Quirinale.
Il testo della costituzione è passibile di molte interpretazioni. Ci sono molti costituzionalisti che ritengono legittimo quanto sta accadendo da due anni a questa parte. A mio giudizio invece non è affatto legittimo e anzi è preoccupante.
Il filosofo Umberto Galimberti tempo fa ha auspicato per Draghi un ruolo da uomo solo al comando, unica soluzione possibile per gestire questa emergenza. Galimberti è stato tra i principali oppositori in questi anni dell’avvento della tecnocrazia, per cui certe dichiarazioni sorprendono. Mi chiedevo se fosse d’accordo.
Io non sono d’accordo, e questo poco conta, ma sono preoccupato di questa idea secondo cui ci voglia l’uomo solo per gestire l’emergenza. È quello che teorizzavo nel mio libro “Golpe Globale: capitalismo terapeutico e grande reset” quando dicevo che l’emergenza scardina le democrazie parlamentari per tanti motivi, uno dei quali è che si prevede proprio la presenza di un uomo solo al comando, con un ridimensionamento dell’attività parlamentare e del peso delle altre cariche istituzionali. Ed è esattamente quello che abbiamo visto accadere già con Giuseppe Conte già nel 2020, e ora con Mario Draghi vediamo questa attività intensificata.
Galimberti però la pone come un’esigenza della democrazia in questo momento storico, per affrontare in modo efficace l’emergenza sanitaria.
Io non penso che l’esigenza di una democrazia occidentale sia quella di risolversi in una dittatura in nome dell’emergenza. Ho una visione diversa da quella esposta da Galimberti.
Da quando è iniziata la pandemia il ruolo del medico è fin dal principio diventato importantissimo. Come giudica l’ascesa di questa figura nelle case degli italiani. Uso questa espressione in quanto è stato attraverso il medium televisivo che i medici hanno legittimato la loro presenza con la popolazione.
Michel Foucault ci ha insegnato tra le altre cose che con l’avvento della modernità la medicina diventa una questione biopolitica e che il controllo della popolazione diventa fondamentale anche in questo ambito. “Che fare ad esempio dei poveri malati?” era un quesito che ci si poneva già nella prima modernità. Una narrazione che arriva fino ai giorni nostri con la figura dei nuovi virologi che sono onnipresenti.
Ma questa non può essere intesa come un’evoluzione positiva del ruolo del medico? Che mette anche un freno a decisioni più arbitrarie a cui potrebbe giungere la politica nella gestione di questa emergenza sanitaria? Mi spiego meglio: una maggiore importanza anche mediatica della figura del medico non rappresenta forse un’ulteriore garanzia politica per affrontare al meglio l’emergenza in cui ci troviamo?
Il medico naturalmente è una figura importantissima in quanto cura i malati, per cui ben vengano i medici. Il problema è quando la politica evapora e il suo ruolo diventa quello della tecnica, sia essa dei medici o dei top manager o di molte altre figure rispettabilissime, che però non possono decidere della vita pubblica
Lei ritiene che sia in atto una deriva tecnocratica della nostra società?
Quello che stiamo vedendo in atto è una riorganizzazione autoritaria del moto capitalistico della produzione, volendo fornire una “fotografia” di questa emergenza
Dunque l’emergenza sanitaria che stiamo vivendo va interpretata in primo luogo come riorganizzazione capitalistica?
Certamente. lo spiego in “Golpe Globale: capitalismo terapeutico e grande reset”. Non è che prima, in passato, non ci fosse la tecnocrazia. C’era già, adesso sta semplicemente acquisendo ulteriore terreno verso una nuova riorganizzazione autoritaria. Deve essere chiaro che il coronavirus non ha inventato proprio niente. Ha potenziato una serie di tendenze.
Ha accelerato dunque un processo storico già in atto?
Ha reso più facile attuare quello che probabilmente, presto o tardi, sarebbe arrivato comunque, secondo gli interessi del capitalismo e delle sue classi di riferimento.
Con l’introduzione dell’obbligo di vaccinazione di massa si apre forse una fase inedita per la storia della liberal-democrazia. Stiamo per assistere a una nuova era della storia della filosofia e del diritto riguardo la proprietà del corpo?
Devo essere molto sincero. Io sono critico verso l’obbligo perché ritengo che in uno stato democratico l’individuo debba scegliere liberamente cosa fare del proprio corpo. Se qualcuno vuole vaccinarsi nessuno glielo deve impedire, ma vale anche il contrario. Detto questo, ritengo l’infame tessera verde assai peggio dell’obbligo vaccinale. Una fase nuova? Si forse una fase per certi versi nuova quella che stiamo vivendo.
Argomento meglio. Nelle liberal democrazie il diritto individuale doveva bilanciare quello collettivo, la principale differenza rispetto alla democrazia greca. La proprietà del corpo era in primo luogo un diritto individuale. In questo senso intendo una nuova fase: come se l’emergenza sanitaria di questi due anni ci avesse fatto prendere atto che andava rivisto da un punto di vista giuridico e filosofico la proprietà del corpo.
È un’analisi pertinente. Quello che stiamo vivendo lo dico con una formula: il moto capitalistico della produzione non sta soltanto distruggendo i diritti sociali del lavoro, com’era evidente, ma sta distruggendo anche quei diritti individuali che pure prometteva di proteggere, custodire. E questa è la novità forse più interessante su cui i filosofi e i politologi dovrebbero riflettere. Che il capitalismo odiasse ogni forma di diritto sociale era evidente già da tempo. La vera novità e la soppressione di quei diritti individuali che doveva difendere, e che questa emergenza ci sta mostrando. Le libertà individuali stanno andando in frantumi colpendo anche coloro che si sentivano protetti
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Dunque mi sta dicendo che piuttosto che fase nuova, il diritto si sta solo depotenziando a causa dell’emergenza?
Se lei parla di depotenziamento, lascia intendere un processo autonomo.
Autonomo in quanto causato dall’emergenza.
No, a mio giudizio quello a cui stiamo assistendo è la semplice logica di sviluppo del capitalismo che deve non solo ridurre i diritti del lavoro come dicevamo, ma anche ridurre fino ad annientare i diritti dell’individuo. Questo sta avvenendo. La logica del capitale è quella per cui tutto deve essere certificato, quindi anche le libertà dell’individuo eccetto quella di acquistare merci, quella invece rimane. in particolar modo per comprare online.