Gialli e misteri italiani, il delitto di Santa Gertrude

Il delitto di Santa Gertrude è un caso di omicidio irrisolto, avvenuto nella notte tra il 6 ed il 7 novembre 1973 nella canonica della chiesa parrocchiale di Santa Gertrude.

La canonica era collocata nel comune italiano di Ultimo, in provincia di Bolzano. Ad essere uccisa la perpetua pro tempore della parrocchia, Maria-Luise Pfliri, assassinata nella sua stanza.

Le indagini dell’epoca portarono all’incriminazione dell’allora parroco, don Josef Steinkasserer ma, a causa dell’assenza di prove, il caso venne archiviato nel 1981 ed il delitto risulta essere tutt’ora senza un colpevole.

Cosa accadde quella notte

È l’una del mattino del 7 novembre 1973, il sacrestano della parrocchia di Santa Gertrude, Johann Bertagnolli, viene svegliato dal prevosto, don Josef Steinkasserer, che da sotto casa lo supplica di venire con lui in canonica dicendo di aver appena subito una rapina. Giunti sul posto, i due trovano il cadavere del perpetua 64enne Maria-Luise Pfliri vedova Platzgummer, riverso su un fianco accanto al suo letto. La stanza della donna è a soqquadro, la 64enne è seminuda, mani e piedi legati con delle tende strappate dalle finestre, imbavagliata e con delle vistose ecchimosi sul corpo. I due chiamano i carabinieri che causa neve giungono sul luogo del delitto con un’ora di ritardo

Il racconto del parroco

Don Steinkasserer racconta di essersi svegliato intorno a mezzanotte per via di alcuni rumori e di aver trovato due uomini di corporatura robusta, vestiti di nero e mascherati, secondo quanto raccontato dal prete, i malviventi si sarebbero introdotti da una finestra, il cui vetro risulta infranto. Il parroco dice di essere stato minacciato dai due con una pistola e di essere stato aggredito e picchiato ma di essersi difeso con una brocca d’acqua lanciata contro i due ladri, gesto che, a dire del prete, li avrebbe anche fatti fuggire. Dopo la fuga dei due aggressori, il parroco spiega di essere accorso dalla perpetua e di averla trovata morta e di aver quindi subito uno shock tale da costringerlo a non chiamare i soccorsi per ben 20 minuti.

Il parroco riavutosi dallo spavento, riesce a mostrare ai militari lo sfondamento della parte della bassa recinzione che circondava la casa. Consegna inoltre un cappello a falda larga, a suo dire appartenuto ad un ladro ed il portafoglio della vittima, vuoto.

Le indagini

La posizione del prete non convince da subito gli investigatori. Le indagini, condotte dal pubblico ministero Domenico Cerqua e dal capitano dei Carabinieri Arno Mandolesi, trovano immediatamente molte incongruenze. L’unico riscontro attendibile consiste nella dichiarazione spontanea di un contadino della valle che il giorno prima, aveva incrociato due persone dall’accento slavo, questi avevano chiesto indicazioni per raggiungere, appunto, Santa Gertrude.

L’autopsia

L’autopsia sul corpo della donna accertò che era morta non per le percosse o per una possibile crisi cardiaca – ipotizzata in un primo momento – ma per soffocamento tramite un cuscino premuto sul volto, forse per evitare che questa urlasse. Le tende, inoltre, non erano legate sufficientemente strette da poter immobilizzare una persona. Gli investigatori trovano anche particolarmente strano che i ladri abbiano ucciso la donna, testimone di una rapina, ma risparmiato il prete, testimone di un omicidio. Ad alimentare ulteriori sospetti, i pezzi di vetro della finestra infranta, rinvenuti all’esterno e non all’interno come sarebbe stato logico e lo sfondamento della staccionata che non appariva proporzionato alla fuga di due uomini a piedi.

Il cappello consegnato dal prete ai carabinieri, secondo quanto dichiarato dal sacrestano, era stato visto spesso – o quello o uno molto simile – in testa al parroco stesso. I militari trovarono inoltre durante i rilievi, diverso materiale pornografico che il parroco ammise di aver letto e, dettaglio particolarmente rilevante: 24 bottigliette mignon di amaro Underberg.

L’ipotesi degli investigatori

L’ipotesi fatta fu che, il prete, ubriaco, avesse tentato di approfittare della donna e, vistosi respinto avrebbe quindi tentato di violentarla e nella colluttazione l’avrebbe uccisa. Il 9 novembre il religioso venne indiziato di omicidio volontario e simulazione di reato. Finì due giorni dopo in carcere. A mettere il prete definitivamente nei guai la scoperta di un capello riconducibile alla perpetua, collocato sulla brocca che il prete aveva detto di aver lanciato contro gli aggressori. A far vacillare l’impianto accusatorio invece il fatto che sotto le unghie della vittima venne rinvenuto del materiale ematico di gruppo sanguigno diverso rispetto a quello del prete.

La popolazione si schiera con il parroco

La popolazione di Val d’Ultimo a quel punto si schiera con il parroco e sostiene la sua innocenza. La gente del luogo è al tempo stesso inferocita contro il sacrestano che con la sua testimonianza ha contribuito all’incarcerazione del prete. Tra insulti e minacce, il 19 marzo 1974 l’albergo di quest’ultimo viene assaltato e devastato. Sorte analoga per la scrittrice Maria Luise Maurer, autrice piu’ avanti del libro ‘Il cappello nero’, e convinta sostenitrice della colpevolezza del parroco.

Il processo

Il processo di primo grado ebbe inizio a Bolzano il 24 aprile 1974. Dura circa un mese. Durante i lavori processuali emerge un nuovo elemento che va a compromettere ulteriormente il parroco. Era stato infatti accertato che l’uomo intratteneva amicizie ‘molto intime’ con donne e che proprio quella terribile sera del 6 novembre, il prete, stava aspettando una di queste. La possibile delusione per il mancato incontro di quella notte – secondo l’accusa – lo avrebbe poi portato ad ubriacarsi e ad aggredire a morte la perpetua. Il cappello consegnato ai carabinieri, tuttavia si rivela troppo piccolo per il prete. Inoltre le quattro sorelle della Platzgummer, chiamate a deporre, si esprimono per l’innocenza dell’imputato. Il 22 maggio i giudici si ritirarono in camera di consiglio e, dopo cinque ore, tornarono con una sentenza di assoluzione per insufficienza di prove, a seguito della quale il prevosto viene scarcerato.

Il processo d’appello che si svolge a Trento, conferma l’assoluzione ma la Cassazione invalida la decisione e dispone la ripetizione dell’appello a Venezia, ove nell’aprile 1977 don Steinkasserer viene riconosciuto colpevole e condannato a 14 anni di reclusione. Sentenza che viene invalidata in Cassazione e il processo viene riallocato a Brescia dove viene pronunciata nel 1981 l’ultima sentenza di assoluzione.

La scrittrice non si arrende

Il parroco, proseguì il proprio ministero in diverse parrocchie altoatesine, in ultimo a San Giacomo in Valle Aurina. Maria Luise Maurer, la sua più acerrima nemica, continuò a dichiararlo colpevole e ad additarlo come assassino, provocandolo pubblicamente e presentandosi alle messe con al collo un medaglione ritraente la perpetua uccisa. Per questa ragione, il parroco nel 1993 sporge querela ed il pretore di Brunico gli da ragione, condannando la scrittrice a tre mesi di reclusione, commutati in una multa di 2 000 000 di lire, per molestie private e turbamento di funzione religiose, più un’ulteriore multa di 5.000.000 di lire per risarcimento danni.

I due morirono nel 2010 a pochi mesi l’uno dall’altra: la Maurer a settembre e Steinkasserer a dicembre.

Impostazioni privacy