Aifa querelata dall’associazione IDU: “Non sappiamo se i documenti sulla sicurezza dei vaccini esistono”

Gravissimi i reati contestati all’Aifa e le altre istituzioni sanitarie pubbliche accusate di aver provocato danni irreversibili alla popolazione a causa della loro totale mancanza di trasparenza sulla sicurezza dei vaccini contro il Covid. 

L’associazione Idu, Istanza Diritti Umani, ha deciso di presentare il 4 Marzo scorso una querela contro l’Aifa, il Ministero della Sanità, l’Istituto Superiore di Sanità e il Comitato Tecnico Scientifico e L’Ema, l’Agenzia Europea per i medicinali). Gravissimi i reati che l’associazione contesta a questi enti, che si sarebbero macchiati di omissione e abuso d’ufficio, omicidio colposo e lesioni personali, falso in atto pubblico, procurato allarme e falsità ideologica.

Il tema è quello dei vaccini contro il Covid e della loro sicurezza. 

Ansa

IDU sostiene che la totale opacità con cui gli enti hanno fin dall’inizio trattato e divulgato il tema della sicurezza dei vaccini, ha gradualmente portato al compiersi di crimini gravissimi contro la popolazione. Già il 21 Novembre del 2021, i legali dell’associazione avevano presentato una richiesta all’Aifa per poter accedere ad alcune relazioni sull’efficacia e la sicurezza dei vaccini e la rilevazione degli effetti avversi. A questa richiesta è seguita nel mese di Dicembre 2021 la risposta del direttore generale Nicola Magrini, che affermava che era impossibile esaudire la richiesta dei legali di Idu, in quanto l’Aifa non era in possesso dei documenti richiesti, aggiungendo anche che alcuni dati erano di natura riservata e non potevano dunque essere mostrati al pubblico, mentre altri erano di esclusiva proprietà della case farmaceutiche produttrici. Magrini in quell’occasione ha invitato IDU a rivolgersi all’Ema, l’unico ente al quale era possibile chiedere di visionare le relazioni intermedie sulla sicurezza dei vaccini.

Il 29 Dicembre del 2021 IDU ha inoltrato un’altra istanza di accesso agli atti al Ministero della Salute, ma anche in questo caso la risposta ricevuta è pressoché identica a quella di Magrini

Anche il direttore Giovanni Rezza infatti, ha replicato di non essere in possesso della documentazione richiesta. In questo caso però la risposta di Rezza lascia perplessi gli addetti ai lavori: il regolamento europeo concede infatti il diritto agli stati membri dell’Ue, di poter presentare richiesta all’Ema per accedere alle relazioni sugli effetti avversi. Un diritto che però il Ministero non ha ritenuto di dover esercitare in questo caso. Questo, inutile nascondersi, preoccupa, anche per le future sperimentazioni farmacologiche. Perché il Ministero ha scelto di non richiedere queste relazioni su un farmaco sperimentale, entrato in commercio grazie ad un’autorizzazione di tipo condizionato, che di certo non può rassicurare totalmente i pazienti sulla sua presunta o meno pericolosità?

Idu non si arrende e presenta a quel punto la stessa richiesta all’Ema. La risposta arriva il 9 Febbraio del 2022: l’Ema non concede all’associazione per i diritti umani italiani l’accesso agli atti, giustificando questa scelta con motivi legati all’interesse pubblico: pubblicare questi documenti, argomenta l’agenzia europea del farmaco, rischierebbe di influire sul processo decisionale di una campagna di vaccinazione planetaria che nessuno ritiene di dover mettere in discussione. Una risposta molto preoccupante proprio in virtù del tipo di autorizzazione con cui questi farmaci contro il Covid sono stati messi in commercioL’autorizzazione condizionata non può infatti in alcun modo garantire la sicurezza di un farmaco secondo i normali standard fissati dalla medicina occidentale. In primo luogo perché si tratta di una tipologia di autorizzazione che contempla il rischio che il farmaco approvato in realtà non sia sicuro, ma lo introduce comunque in nome della tutela della salute pubblica. Si tratta infatti di una procedura pensata per quando si verificano emergenze sanitarie impossibili da gestire. Se ad esempio domani scoppiasse un focolaio di Ebola, con una trasmissibilità sconosciuta in passato, si avrebbe modo di attingere a un’autorizzazione veloce sui farmaci, in cui i benefici e le incognite, potrebbero comunque superare i rischi ( vista l’altissima mortalità di chi contrae l’ebola). Questo è lo stesso ragionamento con cui si è arrivati all’approvazione dei farmaci Covid, visti in quel momento come l’unica soluzione possibile per sconfiggere un pandemia che aveva messo in ginocchio il mondo intero. Certo, proprio in relazione alla presunta sicurezza di questi farmaci, non bisognerebbe comunque dimenticare che, a differenza dell’ebola, il Covid ha una letalità infinitamente più bassa, e il rapporto rischi-benifici di questi vaccini è stato fin dal principio molto controverso. 

Enzo Iapichino, presidente di Idu, non si arrende e considera la sua un’importantissima battaglia per la trasparenza su un farmaco che, non bisogna dimenticarlo, è stato posto con un obbligo indiretto o meno, a tantissime categorie di persone nel nostro paese:”In Italia abbiamo la legislazione del ricatto, se da un lato determinate categorie di soggetti che scelgono di non vaccinarsi non possono essere retribuiti, dall’altro se si decide di chiedere i documenti a sostegno di efficacia e sicurezza dei vaccini essi non vengono forniti, e non si sa neanche se esistono”. 

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