Cassazione, caso Cucchi: “Pestaggio prima causa morte, carabinieri consapevoli delle conseguenze”

Il pestaggio è stata la prima causa della morte di Stefano Cucchi: lo dice la Cassazione  nelle motivazioni della sentenza di condanna.

Respinte dalla Corte le tesi difensive dei due carabinieri condannati a 12 anni di carcere lo scorso 4 aprile.

Stefano Cucchi – Meteoweek

Il «pestaggio» di Stefano Cucchi nella caserma dei carabinieri di Roma Casilina – la notte del 16 ottobre 2009 – è stata la «causa primigenia» di una serie di «fattori sopravvenutì» – tra questi le «negligenti omissioni dei sanitari» – la cui sinergia ha «favorito il processo degenerativo» che ha portato allo «scompenso cardiaco risultato fatale alla vittima».

Ovvero l’allora 31enne Stefano Cucchi. A affermarlo è la Cassazione nelle motivazioni della sentenza del 4 aprile scorso che ha condannato a 12 anni di carcere i carabinieri Alessio Di Bernardo e Raffaele D’Alessandro. Dopo il verdetto i due si sono costituiti nel carcere militare di Santa Maria Capua Vetere.

Fuori discussione la «prevedibilità dell’evento»

È «certamente fuori discussione», aggiunge la Cassazione, «la questione della prevedibilità dell’evento» delle lesioni e poi della morte. Lo escludono le «modalità» del pestaggio. Cucchi infatti è stato percosso «con colpi violenti al volto e in zona sacrale». Ovvero «in modo idoneo a generare lesioni interne che chiunque è in grado di rappresentarsi come prevedibile conseguenza di tale azione», evidenzia la Cassazione. I militari, accusati di omicidio preterintenzionale, sostenevano il «decorso anomalo» della morte di Cucchi. Una tesi respinta dai giudici della Quinta sezione penale.

Sono «infondate», affermano infatti i supremi giudici, «le critiche mosse alla sentenza in merito all’accertamento del nesso causale tra le lesioni riportate da Cucchi e le percosse». In particolare la Corte ha accertato che sono state in primo luogo le «percosse inflitte dai due imputati a Cucchi» a provocarne «la caduta e il violento impatto con il pavimento». Sono queste le cause della «frattura della vertebra sacrale» individuata come «innesco» del processo che si sarebbe concluso con la morte del geometra romano.

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