Russia, missione di spionaggio allo Spallanzani: ricercatrici hanno avuto accesso a dati sanitari degli italiani

Russia, missione di spionaggio allo Spallanzani: tre ricercatrici hanno avuto accesso ai dati sanitari degli italiani. I sospetti nella relazione sull’accordo del 2021 sugli studi su Covid-19 e Sputnik.

Secondo quanto viene riportato da un articolo pubblicato da Il Corriere della Sera, sarebbero tre le ricercatrici di nazionalità russa che, trascorrendo quasi un mese all’interno dell’ospedale Spallanzani durante la prima ondata di Covid-19, avrebbero messo in atto un’azione di spionaggio mossa da Mosca.

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Russia, missione di spionaggio allo Spallanzani: 3 ricercatrici hanno avuto accesso a dati sanitari degli italiani – meteoweek.com

Nello specifico, le tre ricercatrici avrebbero avuto accesso ai laboratori dell’Inmi Lazzaro Spallanzani per ben 24 giorni, durante i quali avrebbero usato e carpito dati dal sistema informatico in uso nell’ambito della missione “Dalla Russia con Amore”. Una situazione per la quale si paventano collegamenti con la frase pronunciata dal ministero degli Esteri russo, sulle “conseguenze irreversibili” per l’adesione dell’Italia al sistema di sanzioni contro il Cremlino. Ad ogni modo, i vertici dello Spallanzani hanno negato che i dati sensibili fossero stati messi a disposizione dei russi.

Chi sono le tre ricercatrici-spie russe, e qual era il loro obiettivo

Nella relazione interna dello Spallanzani, allegata all’accordo con l’istituto Gamaleya di Mosca, sono inseriti i dati delle tre ricercatrici e presunte spie inviate da Mosca. La prima sarebbe Inna Vadimovna Dolzhikova, 34enne e figura di riferimento del gruppo, con alle spalle una solida esperienza nella ricerca epidemiologica e sui vaccini, tra cui quello per Ebola. Poi si legge il nome di Daria Andreevna Egorova, 35enne che avrebbe preso parte alle sperimentazioni su Sputnik V, il vaccino russo. E ancora, il documento riporta il nome e il curriculum di Anna Sleksieyevna Iliukhina, 25enne assunta dal 2017 presso il centro di ricerca statale per l’immunologia come assistente di laboratorio.

Le tre sarebbero legate alla prima missione russa, la stessa che il 22 marzo 2020 aveva portato nel nostro Paese 123 militari. Tale missione si era conclusa ad inizio maggio, quando il ministro della Difesa Guerini ne comunicò il termine al collega russo, Sergej Shoygu. Sebbene saltarono fuori alcune perplessità da questo precedente, in seguito venne siglata la trattativa tra Spallanzani Inmi e Gamaleya, dove è stato accordato “uno scambio di informazioni e materiali biologici”, così come anche il compito di “condividere campioni umani (sieri) da soggetti che hanno ricevuto il vaccino Sputnik V in Russia” e di “esplorare modalità specifiche per l’implementazione di studi clinici che prevedono l’utilizzo di Sputink V in volontari in Italia”.

L’obiettivo dichiarato da una simile intesa, dunque, era quello di fare ricerca nel nostro Paese sul vaccino russo Sputnik, nonostante poi il farmaco non sia mai stato autorizzato dalle agenzie regolatorie. I sospetti che vengono sollevati nell’articolo de Il Corriere, tuttavia, parlano di tutt’altro tipo di obiettivo. Lo scopo della missione russa era forse un altro, e attraverso un’attività di spionaggio le tre ricercatrici avrebbero avuto accesso a migliaia di dati sensibili appartenenti agli italiani. Il fine ultimo di una simile e controversa attività – nel caso risultasse vera – però, non è stato ancora chiarito.

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