Giovane veneta in nosocomio rigetta cure di dottoressa straniera:«Datemi chi parla bene italiano»

La ragazza è una trevigiana rimasta coinvolta in un incidente. L’episodio è occorso a Conegliano (Treviso)

Una ragazza trevigiana, dopo aver subìto un incidente, non voleva che una dottoressa straniera la visitasse. E quando hanno tentato di spiegarle che la cosa non avrebbe creato alcun problema, ha cominciato a gridare.

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È successo ieri mattina, 7 giugno, al pronto soccorso di Conegliano, in provincia di Treviso. La ragazza in questione non aveva delle ferite gravi, tant’è che le avevano dato codice bianco. Ma il problema, a sua detta, era la dottoressa.

«Voglio qualcuno che parli bene in italiano», ha detto la ragazza. Il primario, Enrico Bernardi, è quindi intervenuto per tranquillizzarla:«Le ho detto che la dottoressa di origini straniere (dell’Est Europa) lavora con noi da tre anni e che parla un italiano comprensibilissimo, spiegando che il rapporto tra paziente e medico si basa sulla fiducia. Alla luce di questo, ho consigliato alla paziente di andare da un’altra parte se non aveva fiducia in chi stava cercando di curarla». Queste affermazioni hanno portato la ragazza a calmarsi, e ad accettare le cure della dottoressa.

L’episodio è emblematico di un periodo di alta tensione che sta interessando l’interno del pronto soccorso. Per fortuna non si giunge ad aggressioni fisiche, ma pare che quelle verbali siano quasi quotidiane. Il giorno prima di questo episodio, pare che nella zona d’emergenza del Ca’ Foncello avessero puntato l’infermiere del triage.

Questo poiché aveva dato un codice bianco a una persona che aveva un piede arrossato, dandogli del terrone e dicendogli di levarsi l’orecchino, nonché insultandolo. «Sosteneva che con quello che aveva non poteva essere un codice bianco. Purtroppo situazioni del genere, se non di peggio, si verificano in modo costante».

Il primario spiega che la professionalità degli infermieri non si discute. «Chi arriva lì ha maturato tutta l’esperienza possibile in pronto soccorso, prima negli ambulatori, poi nell’area rossa e infine con un corso aggiuntivo e affiancando chi è già impegnato nell’attività di triage. Quando manca la fiducia diventa davvero difficile poter lavorare al meglio, con serenità. Noi ovviamente rispondiamo a tutte le richieste. Ma sarebbe necessario che si comprendesse l’attività che svolgiamo e, soprattutto, che fosse chiaro che al pronto soccorso, in particolare di notte, bisognerebbe venire solamente per le urgenze», ha concluso Bernardi.

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