Riscaldamento e illuminazione pubblica: nuove regole per autunno e inverno contro il caro energia

Per ora i Municipi procederanno con iniziative autonome, in attesa delle decisioni dell’esecutivo nelle prossime settimane.

Obiettivo dichiarato: mitigare il caro energia che nelle ultime settimane è diventato la nuova emergenza del nostro Paese.

Abbassare la temperatura del riscaldamento di due gradi, 18 al massimo, e accensione dei termosifoni ridotta di due ore. La bozza del piano del governo Draghi adesso è alle prese con le regole che disciplinano il riscaldamento in autunno e inverno. Sullo sfondo, inevitabilmente, il progetto di arrivare a una graduale indipendenza dell’Italia dal gas russo.

Per ora i Comuni andranno in ordine sparso sul risparmio energetico, agendo eventualmente in autonomia. In attesa che nelle prossime settimane arrivino provvedimenti quadro dal Consiglio dei ministri.

I possibili interventi sull’illuminazione pubblica

I Comuni potrebbero ad esempio intervenire sull’illuminazione. Le stime parlano di circa 10 milioni di punti luce attivi in Italia, che costituiscono tra il 10 e il 12% dei consumi nazionali. Una spesa di non poco conto che pesa sui bilanci comunali.

I singoli interventi dei Municipi potrebbero andare a toccare in questo campo: spegnendo o riducendo l’illuminazione di monumenti, fontane ed edifici pubblici. Come del resto accade già in alcuni Paesi europei.  Un vento di austerity che da altre parti ha già coinvolto le vetrine degli uffici pubblici e dei negozi.

Italia divisa in 6 fasce climatiche

Un decreto del presidente della Repubblica del 1993 ha diviso la Penisola in base alle zone climatiche. L’Italia è stata suddivisa in sei fasce dalla A alla F a seconda del clima medio registrato, indipendentemente dalla latitudine.

Come sono stati collocati i vari territori in ogni singola zona? Utilizzando un coefficiente di calcolo gradi-giorno per misurare la differenza tra la media della temperatura tra ambienti interni e quelli esterni.

Si va dalla zona A, la più calda, alla zona F, la più fredda, che comprende al suo interno le Alpi di Trento e Belluno. Al momento nella zona F non esistono limitazioni per il periodo e l’orario di accensione del riscaldamento.

Diverso il discorso per la zona E, dove invece i termosifoni possono essere accesi dal 15 ottobre al 15 aprile, al massimo per 14 ore al giorno. Nella zona E sono comprese province come Alessandria, Bergamo, Brescia, Venezia, Verona, Padova, Trieste, Udine, Bolzano, Milano, Bologna, Torino, Parma, L’Aquila, Arezzo, Perugia e Potenza.

Nella zona D invece termosifoni accesi non prima del primo novembre e non oltre il 15 aprile, per un massimo di 12 ore di accensione. In questa zona ci sono, tra le altre, le province di Genova, Pisa, Livorno, Roma, Firenze, Avellino, Caltanissetta, Firenze, Siena e Vibo Valentia.

Riscaldamenti accesi dal 15 novembre al 31 marzo, massimo a 10 ore al giorno, in zona C. In questa zona sono comprese le città della fascia adriatica nord e le province di Napoli, Salerno, Taranto, Bari, Cosenza, Cagliari, Oristano.

Infine le zone col clima più mite. Nella zona B i termosifoni si accendono dal primo dicembre al 31 marzo, per un massimo di 8 ore giornaliere. In questa fascia ricadono le province di Reggio Calabria, Agrigento, Catania, Palermo, Trapani e Siracusa.

In zona A, per chiudere, il riscaldamento va dal primo dicembre al 15 marzo per 6 ore al massimo al giorno. Una fascia che comprende una ridotta porzione della Penisola, che include isole come Linosa e Lampedusa o l’area di Porto Empedocle in provincia di Agrigento.

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