Chiede un permesso per il figlio, viene licenziata. Insorge il sindacato: «Fatto inaccettabile»

Dipendente licenziata su due piedi per aver chiesto un congedo parentale. Dura accusa da parte del sindacato.

Che promette battaglia annunciando di voler difendere la lavoratrice, madre di un bambino, in tutte le sedi.

Una giovane lavoratrice licenziata in tronco perché aveva chiesto un permesso da lavoro. Un’accusa pesantissima quella lanciata dal sindacalista Gianni Filindassi (Filcams Cgil). Il sindacalista, interpellato dal Corriere dalla sera, ha ricostruito quando accaduto. A essere coinvolta, racconta, sarebbe la nota azienda di cioccolato e gelati Venchi. «Poco tempo fa, la Venchi ha licenziato una giovane lavoratrice, nonché rappresentante sindacale per la Filcams Cgil, del negozio nella stazione di Santa Maria Novella a Firenze».

All’origine del licenziamento della lavoratrice, mamma di un bimbo, ci sarebbe la richiesta del «congedo parentale». «Anche con preavviso più lungo di quanto previsto dalle norme di legge e di quanto aveva sempre fatto», puntualizza il sindacalista. Dopo richiesta del permesso per poter accudire il figlio, come aveva sempre fatto, sarebbe arrivato il licenziamento. La donna avrebbe chiesto il congedo, spiega Filindassi, «per poter gestire il bambino in un momento familiare difficile, vista la malattia di un parente stretto». In risposta è stata lasciata a casa.

Sindacato: «Un fatto grave»

La lavoratrice lasciata a casa si chiama Alekxandra Bullari, 37 anni. Al Tirreno ha raccontato il motivo che l’ha spinta a chiedere il permesso: «Mia suocera che vive in Albania ha un tumore all’ultimo stadio. A giugno siamo andati a trovarla, vista la situazione ho fatto la richiesta per poter rimanere lì ancora una settimana, vivendo così lontani per noi non è facile spostarci e volevamo che potesse stare un po’ col bambino. Mi hanno detto che si trattava di un’assenza ingiustificata e non l’hanno accettata. Eppure in passato era successo altre volte che chiedessi il congedo parentale con cinque giorni di anticipo senza che nessuno facesse problemi. Questa volta invece il licenziamento è arrivato così, in maniera brusca».

Il sindacalista parla di «un fatto grave». E definisce «ingiusta nonché sproporzionata la scelta dell’azienda nei confronti di questa lavoratrice». Tanto più, ricorda, che da quando è stata assunta, nel 2015, non ha mai ricevuto richiami disciplinari e, anzi, è stata encomiata dalla ditta per aver anche svolto «ruoli di responsabilità non riconosciuti». Per la Cgil, a monte del licenziamento potrebbe esserci l’attivismo sindacale della lavoratrice: «Alcuni mesi fa si è iscritta alla Cgil, per migliorare le condizioni di lavoro dei colleghi in azienda. Da lì stranamente sono cominciate contestazioni verbali e scritte. Difenderemo la lavoratrice in tutte le sedi, convinti che abbia ragione».

Dall’azienda al momento non sono giunte dichiarazione. Per il sindacato, l’azienda giustificherebbe il licenziamento con «un’interpretazione tecnica del contratto collettivo che riteniamo errata. Ma al di là della questione tecnica, è inaccettabile l’insensibilità mostrata nei confronti della lavoratrice e madre di un bimbo piccolo».

Impostazioni privacy