Emanuela Orlandi e il caso Alessia Rosati, sparita nel 1994. Il parere della grafologa:«Lettera non fu scritta sotto minaccia»

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La ragazza di Montesacro scomparve nel luglio 1994. Dalla grafia si escluderebbe la minaccia, ma sarebbe evidente uno stato di ansia.
La grafologia entra in scena in uno dei più noti cold case romani che non sono ancora stati risolti: stiamo parlando della sparizione di Alessia Rosati, di Montesacro, scomparsa in via Val di Non il 23 luglio 1994.

La ragazza aveva detto ai suoi genitori che sarebbe andata a vedere l’esame di maturità di una sua amica, Claudia. L’indagine ha visto una riapertura tre anni fa, dopo che erano venuti fuori legami, come riporta Il Corriere della Sera, con il caso Emanuela Orlandi, dopo alcune affermazioni del super testimone indagato, Marco Accetti.
Ci sarebbero, dunque, due news. La prima, che nel corso dei primi accertamenti l’amica fu accusata di false dichiarazioni a pubblico ufficiale, perché non avrebbe raccontato di aver accompagnato Alessia a casa quella mattina, prima che scomparve, per alcuni minuti, quasi sicuramente per prendere qualcosa prima di fuggire. Alcuni vicini avrebbero notato le ragazze assieme, smentendo dunque la versione di Claudia.
L’altra novità è invece quella di ciò che è emerso da una consulenza grafologica sulla missiva di addio della ragazza. Qual era lo stato d’animo della giovane durante la stesura della missiva? Ad analizzarla è stata Monica Manzini, grafologa giudiziaria del tribunale romano. Si tratta della missiva che Alessia mandò all’amica Claudia (si ipotizza dopo un’intesa tra loro). La lettera sarebbe autentica e potrebbe essere stata inviata nell’imminenza della sparizione. A Claudia giunse il 26 luglio.
In questa lettera, Alessia comunicava di voler fare un viaggio improvviso, con «un ragazzo che è stato molto importante per me», per viaggiare «x l’Europa» senza avere idea di «quando tornerò». Secondo l’analisi di Manzini, non ci sarebbe «nessun elemento oggettivo che avvalori l’allontanamento volontario oppure il fatto che la lettera sia stata scritta sotto minaccia».
Da quanto analizzato dalla grafologa, infatti, emergerebbe dalla grafia di Alessia uno stato di ansia, che emergerebbe dalle lettere accavallate, e la necessità di “evasione, fuga, indipendenza”, che verrebbe fuori dalla «precipitazione del tracciato verso destra». Non vi sarebbero segni di “terrore”, che tipicamente sono dati da «tremori, stentatezza o angolosità improvvise» nella grafia.
Concludendo, la grafologia spiega che «Alessia Rosati nello scrivere quel testo non era terrorizzata, e questo porta a escludere che si trovasse sotto minaccia, ma al tempo stesso manifestava delle evidenti fragilità emotive e psicologiche, come se stesse per lanciarsi in una impresa al di sopra delle proprie possibilità. L’allontanamento volontario va scartato, nonostante la ragazza esprimesse un desiderio di autonomia».
La grafologa scarta anche l’ipotesi che possa aver voluto inviare un messaggio in codice ai genitori, in quanto«sarebbe stato più logico inviare la lettera direttamente a loro. Quindi, si può anche ragionevolmente ipotizzare un nuovo scenario: la ragazza potrebbe aver voluto far credere alle persone da cui stava scappando che andava fuori dall’Italia, per mettersi al riparo da pericoli», ha chiosato.