Fratelli uccisero il padre violento: condannato Alessio, assolto Simone

Una tragica storia familiare con un drammatico epilogo. La vicenda dei fratelli Scalamandré però continua in tribunale dove le loro strade si sono separate: condannato uno, assolto l’altro per l’omicidio del padre avvenuto al termine di una lite. 

Hanno ucciso il padre per salvarsi dopo anni di soprusi e violenze, complici di un omicidio avvenuto in un cotesto di violenze familiari terribili di cui era vittima soprattutto la madre. Il loro destino, unito nella sofferenza, è stato però diviso dal tribunale che ha ritenuto colpevole uno ma non l’altro. Alessio è infatti stato condannato a 21 anni di carcere per l’omicidio del padre Pasquale Scalamandré, Simone invece, dopo la condanna a 14 anni in primo grado, è stato assolto.

L’OMICIDIO

L’assassinio era avvenuto il 10 agosto del 2020 nella periferia di Genova, quella sera il padre era tornata a casa violando un decreto di non avvicinamento imposto dal giudice per le violenze attuate nei confronti della madre: pretendeva che la famiglia ritirasse la denuncia contro di lui.

Ne scaturisce un violento litigio finché Alessio, oggi 30enne, afferra un mattarello e colpisce il genitore ripetutamente alla testa fino alla morte. Gli avvocati dei due fratelli, Luca Rinaldi, Andrea Guido e Nadia Calafato penalista del centro antiviolenza Mascherona di Genova che aveva aiutato la madre dei due fratelli, ricorreranno in Cassazione per provare a ridurre la pena di Alessio.

IL RACCONTO DI ALESSIO

È una sensazione strana, sono felicissimo perché ho la certezza che finalmente i giudici hanno creduto a quello che ho sempre dichiarato, ma allo stesso tempo sono molto triste perché a mio fratello sono stati confermati i 21 anni” ha detto Simone alla fine del processo durante una intervista. “Devo riconoscere di essere stato, tutto sommato, fortunato. Ho sempre percepito l’appoggio della mia città e non solo, persone che neppure mi conoscevano mi hanno mostrato il loro sostegno, molti mi hanno scritto sui social per dirmi che mi erano vicini” afferma.

La sua vita è profondamente cambiata da allora, ma Simone non è rimasto solo “Gli amici veri sono rimasti – racconta –, così come la mia ragazza, tutti loro mi hanno fatto vivere la vita con serenità e mi hanno permesso di non pensare costantemente a questo processo. Nel frattempo ho lavorato tantissimo, tutti lavori precari ma non mi sono mai fermato, ho incontrato tante magnifiche persone che mi hanno arricchito umanamente e alcune di loro si sono trasformate poi in amici. E ovviamente non riuscirò mai a ringraziare abbastanza la mia avvocata Nadia Calafato per il lavoro sublime che ha svolto per far uscire fuori la verità”.

E sulla questione della violenza sulle donne, tema sempre più di attualità, afferma che è “un problema per il quale si sta facendo ancora troppo poco, per non dire niente, ai vertici, nulla cambia. Ci sono leggi ancora arcaiche, che non proteggono totalmente le donne vittime di violenza”. La madre del resto è stata vittima per anni del marito, abbiamo chiesto aiuto tantissime volte ma purtroppo le forze dell’ordine erano sempre limitatissime, gli stessi poliziotti spesso si mostravano rammaricati per non poterci aiutare di più, se ci fosse stata un’attenzione maggiore io e la mia famiglia non saremmo in questa situazione” conclude Simone.

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