Processo Rigopiano, accusa chiede 12 anni per ex prefetto Pescara

L’accusa ha chiesto sei anni e 11 mesi per l’ex presidente della Provincia e condanne per alcuni tecnici 

La Procura di Pescara per il dramma occorso a Rigopiano ha chiesto che l’ex Prefetto di Pescara venga condannato a 12 anni, che l’ex presidente della Provincia Di Marco venga condannato a 6 anni e 11 mesi e 4 mesi al primo cittadino di Farindola, Lacchetta. La Procura ha anche chiesto condanne per alcuni tecnici imputati.

Rigopiano-meteoweek.com

La vicenda

Come in molti ricorderanno, il 18 gennaio 2017 una valanga travolse un resort molto noto a Rigopiano (Pescara), causando il decesso di 29 persone. Solo pochi furono i superstiti di questa immane tragedia. Secondo la tesi del magistrato Andrea Papalia, ci furono delle mancanze da parte della prefettura di Pescara, inquadrate in una serie di ritardi nel coordinare i soccorsi.

Il pm ha posto l’accento sui ritardi, ad esempio, nell’aprire la Sala Operativa e il Centro coordinamento soccorsi. Il pm ha messo in evidenza delle diversità tra le info che la Prefettura diede al governo e l’operatività effettiva nella guida dei soccorsi.

I visi delle 29 persone che sono morte in questa imponente tragedia sono stati proiettati su degli schermi in sede processuale. L’altro pm dell’accusa, Anna Benigni, ha asserito che quanto occorso a Rigopiano «è il frutto di gravi omissioni, da parte di Comune, Provincia, Regione e Prefettura, e responsabilità da parte di una classe dirigente protagonista di malgoverno e impegnata a soddisfare interessi clientelari invece che quelli dei cittadini».

Tra le altre cose, tali enti sarebbero stati al corrente anche «dell’allerta valanghe arrivata dal bollettino Meteomont. A Rigopiano si è assistito al fallimento del sistema di Protezione civile». All’epoca, inoltre, la Regione non era ancora in possesso di una propria Carta valanghe.

La commozione dei parenti delle vittime

Come riporta l’Ansa, tra i parenti delle persone che in quella tragedia hanno perso la vita, c’è stata profonda commozione nel corso dell’appello. Gli stessi parenti hanno spiegato che è stato «come se ci fossimo riappropriati del processo, ci ha molto colpito il gesto non scontato del pm, ci ha fatto piacere in qualche modo». I parenti prendono spesso parte alle udienze indossando una pettorina bianca che rammenta i nomi delle vittime e ognuna mostra stampato il viso del parente defunto.

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