Saviano a processo per le parole contro Meloni: «Sento una pressione enorme, si tende a tutelare il premier» [VIDEO]

Lo scrittore è finito a processo per le parole pronunciate a Piazzapulita nel dicembre del 2020, quando si rivolse alla Meloni chiamandola “bastarda”.

Ieri, dopo l’udienza del processo a Roma, dove è accusato di diffamazione per le parole rivolte a Giorgia Meloni durante una trasmissione televisiva, lo scrittore Roberto Saviano si è trattenuto coi giornalisti per un breve commento.

Al cronista che gli chiede di spiegare meglio il concetto di «giustizia a due velocità» a cui lo scrittore di ‘Gomorra’ aveva fatto riferimento nei giorni precedenti, Savino replica che la velocità di questa udienza (la prima udienza solo un mese fa) «da un lato mi fa piacere, perché significa che la giustizia può essere veloce». E dall’altro, aggiunge Saviano, «mi permetteva anche di raccontare quello che sta succedendo nel processo contro il capo del clan dei Casalesi, cioè Francesco Bolognetti». Un processo, ricorda lo scrittore, «che riguarda le minacce rivolte a me». E un procedimento dalla durata infinita. Tanto che «non c’è ancora l’appello e sono passati 15 anni» lamenta Saviano.

Per cui l’espressione di «giustizia a due velocità» era una formula per sottolineare che «quando si vuole essere veloci si può essere veloci», chiosa Saviano.

In questo processo, aggiunge poi, «si sente un peso importante, che in quest’aula c’è da una parte lo scrittore e dall’altra parte il primo ministro. E quindi probabilmente si tende a tutelare la funzione del primo ministro».

Un processo «singolare», dice Saviano

«In quale altro processo – incalza poi lo scrittore napoletano – chi presenta querela non viene ascoltato come testimone?». Meloni, sottolinea Saviano, «non solo espone querela, ma si dichiara parte civile. E quindi è fondamentale dover testimoniare per mostrare di cosa si duole, per permettere di essere ascoltata anche dalla difesa. È fondamentale questo: succede anche quando io utilizzo lo strumento della querela».

Un fatto che Saviano confessa di trovare «singolare». E per il quale confessa di sentire addosso «una pressione enorme». Da qui il suo tentativo, in questi giorni, descrivere quanto sia rischioso «quando il potere esecutivo e il potere giudiziario arrivano a invadersi, perché il potere esecutivo sta chiedendo al potere giudiziario di determinare i confini entro i quali è possibile criticarlo».

Un intreccio che, aggiunge il giornalista, sta creando «un cortocircuito incredibile». Si tratta per lui di qualcosa che va ben al di là di una diatriba personale: «Non è un problema legato a Giorgia Meloni e Roberto Saviano. È legato a due funzioni: il primo ministro e, in questo caso, uno scrittore che ha dato un giudizio, quindi una persona che ha fatto una valutazione. Questo tipo di situazione non travolgerà solo me. Travolgerà chiunque deciderà di prendere posizioni forti contro questo governo».

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