La testimonianza del padre di Valeria Fioravanti: “Vogliamo verità e giustizia”

Il racconto doloroso del padre di di Valeria Fioravanti, 27enne romana morta per meningite dopo varie visite all’ospedale. Per la famiglia si tratta di un caso di malasanità.

È morta nei giorni scorsi Valeria Fioravanti, madre 27enne di una bimba di appena un anno. La giovane ha perso la vita a causa di una meningite contratta a seguito di un intervento chirurgico, a cui si è sottoposta il giorno di Natale. La famiglia è distrutta. Il calvario della giovane è iniziato il 27 dicembre, dopo che la ragazza ha cominciato ad avvertire i primi fastidi e dolori. E si è concluso poi due giorni fa, con i medici che hanno dovuto staccare le macchine che la tenevano in vita, dopo essere entrata in coma.

La testimonianza del padre di Valeria Fioravanti: “Vogliamo verità e giustizia” - meteoweek.com
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Dolorosa la testimonianza del padre: “Ora vogliamo giustizia. Vogliamo la verità, non solo su come Valeria abbia contratto la malattia, ma anche su chi avrebbe dovuta diagnosticarla e invece l’ha mandata via. Vogliamo giustizia per Valeria”. Nel frattempo la famiglia della ragazza farà tutto il possibile per andare fino in fondo, in quella che loro considerano una morte provocata dalla malasanità.

Il padre di Valeria Fioravanti: “Mia figlia si contorceva dal dolore”

Mentre la Regione Lazio “ha disposto un audit per ricostruire quanto accaduto nei diversi ospedali di Roma” che hanno visitato e dimesso la giovane, il padre di Valeria ripercorre tutta l’odissea della figlia. La ragazza aveva scoperto di avere un ascesso, una cisti sotto l’ascella destra, forse causata da un pelo. La giovane è stata portata al pronto soccorso del Campus Biomedico mentre si trovava a lavoro. Ed è stata proprio in questa struttura che i medici le hanno praticato un intervento di routine, una piccola incisione chiusa poi con alcuni punti di sutura.

Dopo appena due giorni, però, la ferita si è infettata. “Le faceva male, per questo l’abbiamo portata al Policlinico Casilino, dove l’hanno medicata e rimandata a casa”, ha raccontato il padre. Ma una volta che è tornata a casa, la ragazza ha cominciato a stare nuovamente male. Valeria avrebbe accusato dei dolori fortissimi alla testa e alla spalla, così forti da farla “contorcere”.

“Siamo tornati ancora una volta al pronto soccorso, dove mia moglie Tiziana ha insistito per una visita più approfondita. Ma il personale ha minacciato di chiamare i carabinieri. E siamo andati via”, ha proseguito l’uomo, che non si dà pace per la sorte di sua figlia. A nulla sono serviti gli antinfiammatori prescritti. Le condizioni della ragazza peggiorano ancora, tanto che il 4 gennaio i suoi genitori la portano al pronto soccorso del San Giovanni. I medici le fanno una tac, da cui si evidenzia una protrusione alla colonna vertebrale”. Ma le prescrivono ancora degli antinfiammatori, con l’aggiunta di un collare. Fino a che, la mattina seguente, “Valeria non parlava più e se lo faceva diceva cose senza senso”.

Ormai l’infezione era in uno stato irreversibile, gravissimo. Una dottoressa, sempre al San Giovanni, ha avuto l’intuizione che, a seguito di ulteriori test, ha permesso di arrivare alla diagnosi corretta. Una diagnosi tardiva, la sua, giunta dopo giorni e giorni di agonia. “Le hanno fatto un prelievo da far analizzare allo Spallanzani e si è scoperto che era meningite”, ha spiegato il padre. La giovane è poi finita in coma, “intubata e trasferita al Gemelli in terapia intensiva”. La mattina seguente i medici non hanno potuto far altro che spegnere i macchinari che la tenevano in vita. Starà ora agli inquirenti far luce su quanto sia realmente accaduto.

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