77enne muore di Covid e viene derubato in ospedale: la rabbia del figlio

Il figlio di un 77enne morto di Covid al Policlinico di Milano: «Mio padre vittima anche degli sciacalli. Sono spariti preziosi, telefono e fede nuziale»

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Il 21 novembre scorso il signor O., 77 anni, è morto di Coronavirus al Policlinico di Milano. La moglie, la signora R., sua compagna da una vita è invece bloccata a casa, anche lei ammalata di Covid. Ed è da lì, come racconta Il Corriere della Sera, che la donna ha atteso invano notizie di un miglioramento dell’amato marito, con il quale era sposata da 58 anni. Ma vana è stata anche l’attesa che dall’ospedale venissero restituiti gli effetti personali del coniuge: la fede di matrimonio, una collanina d’oro, un antico telefonino e l’orologio del padre che il signor O. portava sempre al polso.

Il figlio: «Un insulto»

Alla signora R., infatti, non è stato restituito nulla. Perché nella stanza dell’ospedale non è stato ritrovato nulla. Tutto rubato. «Mi hanno detto che mio padre non sarebbe stato intubato perché troppo anziano e in condizioni troppo gravi, e questo lo posso capire — racconta il figlio del signor O. al Corriere —. Quello che invece non posso sopportare è l’insulto. Il valore economico delle cose di mio padre non interessa. Che però mia madre e noi figli non possiamo riavere le sue cose, quelle che aveva addosso quando è salito in ambulanza, non può essere definito in altro modo. Un insulto».

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Il ricovero per Covid

I figli della vittima hanno comunque espresso gratitudine verso i medici e gli infermieri del Policlinico, «che hanno dimostrato un’umanità profonda, andata ben oltre i loro doveri professionali». A differenza del loro medico di famiglia che, pur essendo «una bravissima persona», non è mai andato a visitare la coppia di anziani. A visitarli è stata invece una dottoressa del reparto Covid di un altro ospedale milanese, amica di conoscenti di famiglia, che «per quattro volte dopo il suo massacrante turno di lavoro è andata a casa dei nostri genitori per una visita».

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«Queste persone non avevano alcun obbligo verso di noi, l’hanno fatto per il buon cuore che in questi tempi neri va in soccorso di chi è in difficoltà — racconta ancora al quotidiano milanese uno dei figli —. Si vestivano come “palombari” sul pianerottolo, fuori casa dei miei genitori». Alla fine, dopo una settimana dall’accertamento della positività, il signor O. è stato ricoverato, perché l’ossigenazione nel sangue peggiorava di ora in ora.

«Sciacalli in ospedale»

«Dopo dieci giorni dal decesso di mio padre, l’Ats ha chiamato per chiedere se avesse fatto un nuovo tampone. E per un’altra decina di giorni hanno continuato a telefonare». Erano gli stessi giorni in cui, dopo la cremazione, i figli del signor O. hanno iniziato a chiedere i suoi effetti personali al nosocomio, per consegnarli all’anziana madre. Per prassi bisogna attendere dieci giorni, «perché ci hanno spiegato che tutto viene messo nei sacchi; che c’è il rischio di contaminazione; che ci sono normali tempi d’attesa. Noi abbiamo fatto la prima richiesta al tredicesimo giorno».

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Il finale della storia viene raccontato al Corriere dalla signora R., la moglie del 77enne. «Positiva al virus, debilitata, scioccata per la scomparsa del compagno di una vita, l’altro giorno ho detto ai miei figli che sarei andata io in ospedale per il ritiro degli effetti personali del sig. O., uomo onestissimo, grande lavoratore, mio marito e loro papà. Allora mi hanno confessato che non c’era più niente, era sparito tutto; sciacalli/avvoltoi in azione al Policlinico, una delle eccellenze milanesi, avevano rubato, depredato, portato via tutto. Il tutto comprende: oggetti di valore e sentimenti di amore legati a un uomo, padre e marito esemplare».

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