Manduria, niente carcere per la baby gang che ha ucciso un pensionato

Sono undici gli aggressori della baby gang che ha barbaramente ucciso un pensionato di Manduria, Antonio Cosimo Stano: per dieci di loro, però, è stata scampata la pena di carcere minorile.

Manduria - Antonio Cosimo Stano

Per dieci degli undici componenti della baby gang che ha ucciso a Manduria (provincia di Taranto) il pensionato Antonio Cosimo Stano, non è stato confermato il carcere. Il pm Pina Montanaro, capo della Procura per i minorenni, ha infatti chiesto al tribunale la possibilità della misura alternativa della messa in prova, una misura che prevede un percorso guidato attraverso alcuni centri di recupero, comunità e strutture di volontariato.

L’aggressione di Manduria

Vittima degli assalti in stile arancia meccanica era stato il pensionato Antonio Cosimo Stano, pugliese affetto da evidenti problemi psichici e morto per mano dei suoi giovani aguzzini ad aprile 2019. Finito in ospedale dopo essere stato nuovamente preso di mira dalla baby gang che lo insultava e picchiava regolarmente, sottoponendolo a torture e sevizie sia in strada che nella sua abitazione, l’uomo è poi deceduto a causa delle conseguenze scatenate da quei continui maltrattamenti.

Per dieci di quegli aguzzini, quindi, il carcere non sarà previsto. Solo a uno di loro, il minore protagonista di uno dei video degli assalti, è stato chiesto di procedere col giudizio con rito abbreviato. Questo a causa della sua indole, del suo passato violento e per la  “brutalità e crudeltà degli episodi di cui si è macchiato”.

A decidere se accogliere o meno le richieste dell’accusa toccherà ora al Gup Bina Santella, nell’udienza decisiva al momento fissata per il 28 gennaio del 2020. Con buona probabilità, tuttavia, la richiesta di messa alla prova per i minori verrà difficilmente respinta, dato che la stessa istanza era stata presenta nei giorni precedenti anche dai difensori dei giovani imputati.

baby gang Manduria

Il percorso di recupero

Per questi dieci giovani aggressori, le accuse vanno dalla tortura al danneggiamento, dalla violazione di domicilio al sequestro di persona aggravato. In base alla gravità dei fatti, per ognuno di questi ragazzi verrà selezionato e organizzato un percorso di educazione e re-integrazione in società, attraverso le strutture di centri e comunità di recupero, così come di associazioni di volontariato.

Il percorso prevederà lo svolgimento di alcuni tipi di servizi e attività a favore del prossimo, per una prova che, in totale, avrà una data stimata tra i due e i tre anni – a seconda del ragazzo e a seconda del trascorso e delle accuse.

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