Aveva due gemelli in grembo, morì in ospedale: assolte ginecologa e ostetrica

La morte di Claudia Bordoni e i due gemelli che portava in grembo, assoluzione per una ginecologa e un’ostetrica: “sentenza giusta, corretta ed equilibrata che coglie il senso di questa storia che non meritava un rimprovero penale” – le parole dell’avvocato difensore.

Claudia Bordoni aveva 36 anni quando morì insieme con i due figli gemelli che aveva in grembo. Era l’aprile del 2016. Una morte inspiegabile, si era parlato di malasanità perchè Claudia aveva fatto il giro degli ospedali in preda a forti dolori ma nessuno aveva capito quale fosse il vero problema. La Bordoni era incinta alla 24esima settimana quando arrivò alla Clinica Mangiagalli di Milano, un punto di riferimento per l’ostetricia e la ginecologia, aveva forti dolori addominali dopo essere stata dimessa dal San Raffaele. Ricoverata nel reparto di Patologia della gravidanza, morì due giorni dopo a causa di una violenta emorragia interna.

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Ma la colpa non fu di nessuno: oggi sono state assolte la ginecologa e l’ostetrica  che erano state accusate di omicidio colposo dal giudice Vincenza Papagno della V sezione del Tribunale di Milano. Nel marzo 2019 era stato raggiunto un accordo economico tra la clinica, il marito e i genitori della donna, accordo che hacancellato la costituzione di parte civile. Anche il Policlinico-Mangiagalli, citato come responsabile civile, era uscito così dal processo. Dopo la lettura della sentenza, il difensore delle due imputate, l’avvocato Alessandro Pistochini ha parlato di “sentenza giusta, corretta ed equilibrata che coglie il senso di questa storia che non meritava un rimprovero penale”. Le motivazioni saranno depositate entro 90 giorni.

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Dal 13 al 20 aprile 2016 la Bordoni era stata ricoverata al San Raffaele per complicazioni e dimessa in poco tempo ma cinque giorni dopo era tornata al pronto soccorso dell’ospedale per dolori addominali. Il 26 aprile si era rivolta invece alla clinica Mangiagalli: prima era passata per il pronto soccorso e poi era stata ricoverata. Nella stessa clinica nelle settimane precedenti si era già recata per sette volte con accessi sempre al pronto soccorso. E si era fatta visitare anche al pronto soccorso dell’ospedale di Busto Arsizio. Il medico legale, Dario Raniero, incaricato dal pm Ripamonti, disse: “con il cesareo poteva essere salvata”.

 

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