Mazzette per appalti. Arrestati funzionario a Messina e dirigente a Trapani

Blitz della polizia dall’alba in Sicilia. 11 arresti tra i quali imprenditori e un autista giudiziario che spifferava notizie sulle indagini in corso.

C’è un’Italia che assomiglia sempre di più al paese di Tangentopoli. La triste moda non si è mai arrestata evidentemente. Ci sono ancora imprenditori che scelgono di partecipare solo alle gare d’appalto degli enti in cui hanno un amico. Questo faceva il titolare di un’azienda di Messina, che aveva addirittura stipulato un singolare accordo con un funzionario del Genio Civile della città dello stretto: per ogni appalto che mi fai vincere, ti pago 2.000 euro. Ma la Polizia, coordinata dalla procura diretta da Maurizio de Lucia, ha scoperto tutto. Le indagini hanno svelato l’imbroglio. Questa mattina, è scattato un blitz nei confronti di 11 persone: destinatari di una misura di arresti domiciliari sono un funzionario del Genio Civile di Messina e un dirigente del Genio Civile di Trapani, quest’ultimo avrebbe intascato mazzette dall’imprenditore messinese quando si trovò a fare il direttore dei lavori dell’appalto per il dragaggio del porto canale di Mazara del Vallo, un’opera da 800 mila euro.

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Le intercettazioni della polizia hanno registrato le operazioni di  tangenti in diretta, fra il gennaio e il novembre dell’anno scorso. Al dirigente del Genio Civile sarebbero stati offerti un soggiorno in albergo, una cena per i suoi amici e un contributo di 700 euro per acquistare un’auto d’epoca. Al centro dell’inchiesta, un imprenditore messinese, che invece è finito in carcere. E per un appalto bandito dal Comune di Messina, eun funzionario dell’amministrazione è ora ai domiciliari.

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C’era un vero e proprio gruppo di affezionati intorno all’imprenditore. Un gruppo che procacciava contatti nelle amministrazioni pubbliche, e anche notizie riservate. Una talpa è stata scoperta al palazzo di giustizia: un autista in servizio alla direzione distrettuale antimafia di Messina che adesso è accusato di corruzione. L’accusa: avere passato notizie sulle indagini in corso, ma anche informazioni sugli spostamenti dei magistrati.

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