Coronavirus: Protezione civile rifiutava mascherine chirurgiche “siamo a posto”

La testimonianza choc di un imprenditore italiano che in Cina aveva trovato il modo di fare arrivare 50 milioni di mascherine in Italia. Per una questione di pagamenti non sono mai arrivate, e per quelle chirurgiche la Protezione civile aveva risposto: No, grazie, siamo a posto”.

Forse molti medici e infermieri potevano essere salvati. Nel grande caos causato dalla pandemia coronavirus, ci sarebbe una responsabilità enoreme della Protezione civile sulla morte dei sanitari privi di protezioni adeguate. Un imprenditore, Filippo Moroni, aveva consorziato 21 aziende cinesi capaci di fornire all’Italia 50 milioni di mascherine in un mese. Moroni lo ha comunicato in una telefonata, ai funzionari e ai massimi dirigenti della Protezione civile di Angelo Borrelli e dell’organismo commissariale presieduto da Domenico Arcuri.

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Mascherine chirurgiche? No grazie

Il periodo della chiamata era la prima fase della chiusura del paese decretata l’11 marzo. In quei giorni il paese era sotto confusa e spaventata per le misure prese dal governo e per i resoconti che continuavano ad arrivare dagli ospedali dove medici e infermieri si lamentavano e morivano a causa della mancanza di dispositivi per la protezione individuale eppure continuavano a lavorare nei reparti Covid-19. Nella prima delle due chiamate, lunedì 16 marzo, Moroni che aveva già inviato decine di mail alla Protezione Civile parla con uno dei funzionari dell’ufficio acquisti, Mario Ferrazzano che avanza perplessità di natura economica relative alle modalità di pagamento, i cinesi vogliono il pagamento cash anticipato prima ad ogni spedizione, Ferrazzano vuole invece usare un metodo più prudente. “Potete dare i soldi a Banca Intesa”, prova a suggerire Moroni che in altre conversazioni aveva spiegato di voler lavorare “pro bono e senza commissioni”; ma il funzionario esclude questa possibilità.  Poco dopo, non si capisce se mentendo o solo riferendo indicazioni sbagliate, assicura l’interlocutore di aver già rimediato molte mascherine, “siamo a posto”, a costi più che ragionevoli: “Una trentina di milioni – dice – tutte FFp2 e FFp3”. “Se non trovate il modo di pagare cash non comprerete una sola mascherina”, minaccia Moroni. Purtroppo aveva ragione: le prime mascherine di quel tipo (adatto al lavoro dei medici in corsia) sono cominciate ad arrivare in Italia la settimana scorsa. Troppo tardi per salvare la prima linea.

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