Coronavirus, Africa: superata la soglia dei 100.000 contagi

L’Oms registra: in Africa i contagi da coronavirus sono saliti a oltre 100.000. I morti sono invece a poco più di quota 3.000. I contagi si concentrerebbero soprattutto in 5 Paesi: Egitto, Algeria, Sudafrica, Marocco e Nigeria. L’Oms definisce la situazione “varia”.

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In Africa è stata superata la soglia dei 100.000 contagi da coronavirus, 3.000 i decessi. Lo fa sapere l’Oms, che specifica: il virus si è sparo in ogni Paese del continente dal momento in cui, 14 settimane fa, è stato registrato il primo contagio. La situazione resta però disomogenea e vede gran parte dei contagi concentrati in Egitto, Algeria, Sudafrica, Marocco e Nigeria. Al momento il primato di contagi si registra in Sudafrica, che ha raggiunto i 20.000 casi positivi, mentre il Lesotho ne ha solo due. La somma dei contagi da coronavirus dei cinque Paesi nominati rappresenta oltre la metà dei contagi rilevati in tutta l’Africa, in una situazione definita dall’Oms “varia”. Il continente fortunatamente resta il meno colpito dopo l’Oceania (8.440 casi, 129 morti), molto indietro rispetto a Europa (1.974.501 casi, 171.011 morti) e agli Stati Uniti (1.577.758 casi, 96.978 morti).

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Sulla condizione dell’epidemia da coronavirus in Africa l’Oms afferma: “Per ora è stato risparmiato al continente un elevato numero di morti che hanno devastato altre aree del mondo”. E’ quanto sottolineato da Matshidiso Moeti, direttore regionale dell’Oms per l’Africa. Al momento, infatti, sembrano essere poco più di 3.000 i decessi registrati. Una soglia più bassa della media europea, che ha registrato 4.900 decessi una volta superata la soglia dei 100.000 contagi. Il dato africano potrebbe essere attribuito a un fattore determinante: il 60% della popolazione africana ha meno di 25 anni. Ma Moeti avverte che non è il momento di abbassare la guardia. Se l’età media della popolazione gioca a favore di una bassa mortalità, l’Africa deve comunque fronteggiare un fattore estremamente invalidante: il sistema sanitario fragile, incapace di gestire in maniera adeguata picchi troppo alti di contagio.

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Mike Ryan, capo del Programma di emergenze sanitarie dell’Organizzazione mondiale della sanità (Oms), ha fatto notare: “Fino ad oggi non abbiamo registrato un numero importante di decessi”, rispondendo a una domanda sull’Uganda, ampliando il discorso. Oltre al fattore dell’età media, Ryan sottolinea: l’Africa inoltre “ha accumulato una forte esperienza” nell’affrontare le epidemie. Ma poi l’esperto Oms avverte: “Qui ci sono anche gruppi vulnerabili, dai rifugiati ai bambini malnutriti, quindi è importante non abbassare la guardia. Questo virus può sorprendere. Anche perché, se il sistema di sorveglianza africano è solido, c’è un gap nelle terapie intensive”.

In Africa arrivano i soccorsi: robot anti-virus

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In Africa arrivano cinque robot umanoidi prodotti da un’azienda belga. Si chiamano: Akazuba, Ikizere, Mwiza, Ngabo e Urumuri. Sono arrivati in Ruanda per fornire soccorso nello screening del coronavirus, nella consegna di cibo e farmaci, e nel collegamento in videoconferenza tra pazienti e medici. L’idea è di sfruttare la grande spinta avanguardistica dell’azienda belga per ridurre al minimo l’esposizione al contagio. E’ quanto affermato da Daniel Ngamije, ministro della Salute del Ruanda alla Bbc. “Abbiamo bisogno di altri robot per compiti ulteriori, come la disinfezione nello spazio pubblico, e stiamo lavorando per ottenerli”. I robot al momento sono solo 5, ma il progetto è di importarne altri.

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Possono compiere dai 50 ai 150 screening al minuto. Ma l’utilità non riguarda solamente l’opera di tamponamento. I robot funzionerebbero, infatti, anche da banche dati, in grado di registrare i dati dei pazienti e avvisare gli operatori sanitari in caso di necessità. Si tratta di un ulteriore sostegno al sistema sanitario del Ruanda, che nell’Africa sub-sahariana è stato il primo ad applicare rigorose misure di contenimento anti-covid. In Ruanda già a inizio marzo erano vietati concerti e raduni. A fine mese è stata predisposta la chiusura dei confini. A inizio maggio, precisamente dal 4, anche il Ruanda si è poi riaperto alla fase due, predisponendo graduali allentamenti di alcune restrizioni. Restano chiusi, però, istituti scolatici, gli impianti sportivi, le palestre, i bar e i luoghi di culto.

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