Uccise il padre assolta: «Vorrei che mai nessuno passasse quello che ho passato io»

Uccise il padre per legittima difesa, colpendolo involontariamente: è stato archiviato il caso di Deborah Sciaquatori.

Deborah Sciaquatori

Diciannove anni, e alle spalle una esperienza che non andrebbe provata mai nella vita: uccidere il padre per salvare se stessa e la madre. E’ quello che è capitato a Deborah Sciaquatori, che ieri ha visto archiviare il suo caso dal gip del tribunale di Tivoli su richiesta dello stesso procuratore: era legittima difesa. Deborah esattamente un anno fa  studiava per la maturità in un istituto grafico e lavorava part time in un bar. Una domenica mattina, il 19 maggio 2019, nell’appartamento al secondo piano delle case popolari di via Aldo Moro a Monterotondo, si stava ripetendo una scena purtroppo abituale. Il padre della ragazza, Lorenzo Sciaquatori, ex pugile 42enne denunciato, arrestato, segnalato ai servizi sociali e sottoposto a tso, ritorna a casa alle 5 della mattina. E’ ubriaco, drogato: inizia a picchiare la moglie Antonia e la propria anziana madre Maria, che è cieca. «Sentivo le urla di dolore di mia mamma», ha raccontato  Deborah ai pm, descrivendo una adolescenza vissuta in mezzo alla brutalità: «La picchiava tutti i giorni per qualunque motivo. Se la prendeva anche con me, pensavo di non avere un futuro».

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Alle 7 di quella maledetta domenica, dopo due ore di violenza, le donne decidono di fuggire. Deborah affronta il padre una prima volta, per cercare di liberare la nonna. Ma affrontare un ex pugile alterato da droghe ed alcool non è semplice: «Ero terrorizzata, pensavo che volesse ucciderci tutte. Per difendermi ho preso un coltello e l’ho messo nella tasca del pigiama». Sul portone di casa l’uomo riesce ad afferrare la moglie, la stringe in un angolo. La figlia gli punta il coltello dietro un orecchio e gli dice di smetterla. Quello che avviene dopo è descritto nella richiesta di archiviazione: «Una fase di tale concitazione in cui tutti i corpi erano aggrovigliati e dove erano in atto disperati tentativi di difesa. La ragazza di certo non immaginava di usare il pugnale». E’ la stessa Deborah a provare a soccorrere il padre: «Papà, ti prego non morire», avrebbe gridato. L’autopsia ha confermato la ricostruzione: «La natura della ferita e la zona attinta fanno escludere che ci si sia stata intenzionalità nel gesto». Voltandosi di scatto, l’uomo ha causato la penetrazione della lama in un’arteria. Iscritto per omicidio come atto dovuto, il fascicolo è stato presto derubricato a «morte in conseguenza di altro reato». «Il dolore non passa, ma oggi Deborah ha la possibilità di elaborare il lutto», ha dichiarato Sara Proietti, l’avvocato che la assiste. Lei è rimasta concentrata sullo studio: dopo aver conseguito in modo brillante la maturità, Deborah è ora iscritta all’università. Ma quello che ha vissuto nessuno può cancellarlo: «Vorrei che mai nessuno passasse quello che ho passato io».

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