Libia, scoperte fosse comuni a Tarhuna, l’Onu si indegna

Si apprende oggi, attraverso un comunicato della Farnesina, della presenza di fosse comuni rilevate nella città di Tarhuna, zona libica precedentemente sotto il controllo del generale Khalifa Haftar e adesso riconquistata dalle forze governative del governo centrale di Tripoli.

(Photo by Angela Weiss / AFP) (Photo by ANGELA WEISS/AFP via Getty Images)

“Il Governo italiano esprime sgomento”, questo quanto comunicato dal nostro Ministero degli Esteri, che richiede l’apertura di un’inchiesta. Prima di tutto è necessario far luce sulle circostanze del misfatto portandolo all’attenzione degli organi competenti sulla scia delle “dichiarazioni del Segretario Generale dell’Onu Antonio Guterres, dell’Alto Rappresentante dell’UE Josep Borell e della Missione UNSMIL”. Caccia dunque ai responsabili dell’interramento (si è parlato appunto di “mass burial”, ovvero sepoltura di massa) di più di 200 cadaveri, al fine di scovare i colpevoli e identificare le vittime per poter consegnare i corpi ai familiari e far giustizia. Un evento riprovevole che calpesta il “rispetto dei diritti umani e del diritto internazionale umanitario”.

La missione Onu in Libia richiede un lavoro straordinario da parte delle autorità che “conducano indagini rapide, efficaci e trasparenti su tutti i presunti casi di decessi illegali”. “Accogliamo con favore la decisione odierna – prosegue l’Unsmil – di istituire un comitato per esaminare questo aspetto e invitiamo i suoi membri a intraprendere prontamente il lavoro volto a proteggere le fosse comuni, identificare le vittime, stabilire le cause di morte e riportare i corpi ai parenti prossimi”. L’Unsmil si prepara a partecipare all’inchiesta e ad inviare alcuni uomini utili alla partecipazione dell’inchiesta.

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