Restituite alle donne il diritto di invecchiare: Heather Parisi siamo noi

Vi siete mai soffermati sulle pubblicità che sponsorizzano prodotti ringiovanenti in tv? Possiamo chiamarlo banalmente “caso” il fatto che le protagoniste degli spot siano solo ed esclusivamente donne? No, sicuramente.

Creme miracolose che promettono la gioventù, rughe che spariscono nel giro di una settimana, pozioni magiche che rimpolpano viso e corpo, e lei: una “femmina” che nell’immaginario collettivo deve a tutti i costi far fronte allo scorrere del tempo. Il “consiglio per l’acquisto” diventa quasi una sorta di clessidra che ricorda l’inesorabile cedimento di carni giovani e floride, un declino che va impietosamente fermato a colpi di botulino e aggiustatine sparse.

Così, senza aver avuto mai piena contezza, il gentil sesso si è ritrovato ad essere sempre più lontano da un diritto che agli uomini, portatori sani di rughe che valorizzano, non è mai stato toccato né messo in discussione: quello di invecchiare.

Ed è proprio a loro che con clemenza si perdonano capelli grigi e duri segni di espressione, pancia in mostra, chili sparsi e muscoli flaccidi. Sono loro a non doversi preoccupare di una bellezza che sfiorisce e che non tentano di trattenere, perchè “risparmiati” da un’estetica che ha un’etica a senso unico: semplicemente possono.

Il diritto di invecchiare: vietato alle donne

La riflessione è stata rispolverata in questi giorni a seguito di un episodio.  Protagonista una meravigliosa Heather Parisi, rea, con molta probabilità, di non essersi omologata alle facce di porcellana che ci propinano in tv, visi sempre perfetti pronti per essere invidiati. Alla ballerina è stato rimproverato il suo, a detta di una follower, essere invecchiata male: come se questo (laddove fosse vero) rappresentasse una colpa, un qualcosa da addebitare e far pesare.

E se per il sesso forte invecchiare è una giusta e naturale conseguenza di un processo fisiologico, per la donna gli anni in più diventano un fardello, un problema che spesso costringe ad un patto col diavolo che termina, o peggio ancora inizia, in una sala operatoria.

Si diventa dunque prigioniere di un binomio pericoloso, per il quale “contare ancora” è direttamente proporzionale a quante crepe si hanno sul viso, un meccanismo di cattiva perfezione che porta a snaturarsi pur di essere accettate, ad inseguire la giovinezza per essere riconosciute, a doversi reinventare fintamente, ma soprattutto a non essere libere.

Già, perchè la vera libertà delle donne passa anche dal non sentirsi in debito con una società che le vuole belle e perfette, dal non essere giudicate per l’aspetto fisico, dal non essere scelte per l’aspetto fisico, dal sacrosanto diritto di invecchiare senza che qualcuno lo faccia presente, o peggio ancora lo rinfacci.

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