Carola Rackete: i migranti nel Mediterraneo annegano perché lo vuole l’Ue

Continua il soccorso ai migranti nel Mediterraneo. Oggi la Mare Jonio ha portato in salvo 43 persone a nord di Zuara. Intanto arriva l’appello di Carola Rackete, capitana della Sea Watch: tutti i morti nel Mediterraneo “annegano perché l’Ue vuole che anneghino, spaventando coloro che potrebbero tentare di attraversare”.

Carola Rackete

Questa mattina all’alba la Mare Jonio ha consentito il salvataggio di 43 persone in mare, tra cui donne e minori, a 40 miglia a nord di Zuara. Continua, dunque, il soccorso ai migranti, e dalla Mediterranea saving humans commentano: “Erano a bordo di un’imbarcazione piena d’acqua e sovraccarica, a rischio di affondare. Adesso sono sani e salvi sulla nostra nave. Benvenuti!”. Intanto resta in bilico la Ocean Viking, bloccata in mare tra Malta e Italia da domenica mattina. Sos Mediterranee fa sapere: “Finora, non abbiamo ricevuto risposta dalle autorità marittime alle 2 richieste di un pos per fare sbarcare 118 persone soccorse il 25 giugno”. Proprio oggi Carola Rackete, a distanza di un anno, torna a commentare, parlando all’agenzia tedesca Dpa: ”Un anno fa, sono entrata nel porto di Lampedusa senza autorizzazione, dopo che il mio equipaggio e io abbiamo salvato 53 persone dal naufragio e dopo che tutta l’Europa ci ha abbandonato per più di due settimane. Il nostro equipaggio ha dovuto farlo come parte della flotta di soccorso civile perché l’Unione europea aveva ritirato tutte le sue navi, pur sapendo che i rifugiati in fuga dalla guerra in corso in Libia stanno tentando l’attraversamento”.

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Carola Rackete

La vicenda riguardò l’ex ministro degli Interni Matteo Salvini: di fronte al rifiuto del ministro di accesso al porto, a seguito di due settimane di blocco in mare, Rackete il 29 giugno ruppe il divieto, attraccando senza autorizzazione. Da lì, l’arresto. Poi, a gennaio, il giudizio della Corte Suprema: l’arresto non era giustificato. Ora l’appello della capitana della Sea Watch rivolto a tutti i cittadini Ue: “Quelle persone che stanno annegando nel Mediterraneo non sono vittime di un incidente imprevisto o di un disastro naturale. Annegano perché l’Ue vuole che anneghino, spaventando coloro che potrebbero tentare di attraversare. Annegano perché l’Europa nega loro l’accesso a rotte sicure e non lascia altro che rischiare la vita in mare. E nessuno sarebbe entrato in una simile barca, a meno che non fosse più sicuro della costa!”. Da qui, l’esigenza di una reazione: ”Come cittadini europei, dobbiamo interrompere questa politica! Dobbiamo abbattere la fortezza Europa, creata per far morire i poveri lontano dalle coste del Mediterraneo dove nessuno li vede. Ci deve essere uguaglianza e libertà per tutti, per vivere e muoversi senza paura per la propria vita”.

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Anche perché, dice Carola Rackete, continua la criminalizzazione dell’attività delle Ong, sebbene la Corte si sia già espressa in favore della capitana: “Nonostante la Corte Suprema italiana abbia convalidato la mia decisione di entrare nel porto e portare le persone in sicurezza in conformità con il diritto marittimo, la criminalizzazione del salvataggio in mare continua; nel mio caso e nelle indagini su altri che agiscono in solidarietà con le persone in movimento”. Ma per superare queste barriere, è necessario ascoltare la voce, le ragioni e la storia di chi è in fuga, conoscere per empatizzare. Così Carola conclude:”Le persone che salviamo potrebbero aver perso molte cose nella loro vita, ma non hanno perso la propria voce e sono gli esperti delle proprie esperienze. Se vogliamo superare il razzismo strutturale, dovremmo iniziare ascoltandoli. Questo è il motivo per cui non farò interviste per l’anniversario della missione Sea Watch 3 dell’anno scorso. Invece, chiedo a tutti di ascoltare coloro che l’Europa preferirebbe far affogare piuttosto che permettere di raggiungere le sue coste”.

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