Governo, è scontro tra Conte e Francheschini su condoni e PA

Il premier ed il ministro della Cultura sarebbero ai ferri corti: un problema in più per la tenuta del governo. Dal decreto Semplificazioni agli Stati Generali, passando per il coronavirus, il percorso di una rottura.

Un progressivo allontanamento, che potrebbe creare problemi alla tenuta del Governo: il rapporto tra Giuseppe Conte e Dario Franceschini potrebbe essere in crisi, e per la maggioranza non è una buona notizia. I due erano anche partiti bene, all’inizio dell’avventura di questa alleanza “giallorossa”. Dalla parte di Dario Franceschini l’esperienza politica ed una nota capacità diplomatica, mentre Giuseppe Conte aveva dalla sua i modi gentili ed affabili caratteristica del personaggio. I due sembravano essere sintonizzati sulla stessa lunghezza d’onda, anche nell’ottica di non far entrare in frizione il PD con il premier e con gli alleati. Ma negli ultimi mesi la situazione sembra essere cambiata. Conte, mano mano che saliva nei sondaggi, ha iniziato un progressivo accentramento dell’agenda di governo nelle sue mani, ponendo una distanza tra lui ed il capo delegazione del Pd. Ed è proprio questa tendenza del premier che ha creato i primi malumori nel Partito Democratico, con Franceschini in mezzo, ma sempre meno propenso a mediare. Anche perché per Franceschini e per lo stesso Pd l’aumento di visibilità di Conte non è andato di pari passo ad un incremento dell’azione di governo. «Troppi rinvii», avrebbe confidato Franceschini a diversi colleghi di governo, in accordo con lui. Il ministro della Cultura non punterebbe a scalzare Conte, convinto che «non ci sia un’alternativa» all’attuale premier, ma sarebbe preoccupato dalla possibilità di una mancanza di guida reale del governo. L’ultimo contrasto si è avuto sul decreto per le semplificazioni, per la parte relativa al condono. Conte lo ha difeso quasi fino all’ultimo. Franceschini, però, è stato categorico: «Bisogna farne sparire ogni traccia da quel testo, sennò invece di chiamarlo decreto semplificazioni lo chiameranno decreto condono». Ha prevalso l’opinione di Franceschini, anche perchè l’opinione di quasi tutti i membri del governo andava in quella direzione. Però, quando è filtrata la notizia che la notizia che le norme sulle assunzioni nella pubblica amministrazione – stralciata come quella sul condono –  riguarda soprattutto il ministero della Cultura, molti hanno pensato ad una rivincita di Conte sul ministro. Come a dire che Franceschini voleva procedere con una marea di assunzioni nel suo dicastero ma Conte lo aveva bloccato. La verità è che l’esponente del Pd (come anche Nicola Zingaretti, peraltro) ritiene che nella Pubblica Amministrazione «vadano fatte entrare le nuove generazioni digitali».

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Le prime divergenze tra i due risalgono all’inizio di marzo, quando Franceschini avvertì Conte di non prendere sottogamba il coronavirus. In quei giorni così complicati i due si scontrarono spesso. Mai in pubblico, ma il disaccordo tra i due si è registrato in più occasioni: chiusura delle scuola, Mes, Stati Generali (convocati da Conte senza avvisare nessuno).  «Non hai condiviso questa iniziativa con nessuno, hai deciso tutto tu», lo avrebbe attaccato il capo delegazione del Partito Democratico. Proprio in quei giorni Franceschini incalzava Conte in Consiglio dei ministri. Prima sul caso Regeni: «Va presa una posizione pubblica». Poi sul decreto Salvini: «Deve essere modificato subito». Ma se ne parlerà a settembre, perché Conte non ha voglia di assecondare il Pd per mettersi contro i 5 Stelle. L’ultimo terreno di scontro tra i due, la legge elettorale. L’ennesimo capitolo di un rapporto difficile che però difficilmente porterà ad una rottura.

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