Palamara e il lido in Sardegna. Il pm si lamentava col prestanome.

L’ex presidente dell’Associazione nazionale magistrati, indagato per corruzione, secondo l’accusa, controllava uno stabilimento in Sardegna attraverso un commercialista. Nelle carte le foto e i messaggi: «Sulla sabbia ci sono le blatte»

Palamara si lamentava del lido con il prestanome

«L’insegna ti piace?». «Bello». «Allora procediamo». «Per il resto… uno sconforto. Una spiaggia vergognosa». È lo scambio di messaggi tra il commercialista romano Andrea De Giorgio e il magistrato Luca Palamara e dimostra che l’ex pubblico ministero oggi indagato per corruzione non solo era «socio occulto» del «Kando Istana Beach», sull’omonima spiaggia vicino a Olbia, ma seguiva molto da vicino la sua attività. Benedetto Buratto e Roberto Rampioni, gli avvocati di Palamara, hanno voluto precisare che il loro assistito «non ha la titolarità di nessun lido in Sardegna, essendosi più modestamente limitato ad acquistare nell’interesse dei figli una piccola quota, per un valore di 23 mila euro, di un chiosco adibito alla vendita di panini, gelati e bibite senza alcuna velleità imprenditoriale e per chi conosce la Sardegna a distanza di circa un’ora di auto da Porto Cervo».

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La Kando Beach srl

Tutto ha inizio nell’ottobre del 2016, quando la Kando Beach srl viene costituita per svolgere attività di «bar e altri esercizi simili senza cucina». Andrea De Giorgio ne è amministratore ma in realtà è entrato nella società come «prestanome di Palamara, intestatario formale, in via fiduciaria». Per sua stessa ammissione. Ed è lui che il 29 giugno 2017 invia la foto dell’insegna del locale all’allora componente togato del Consiglio superiore della magistratura, per domandargli se è di suo gradimento. Palamara risponde che va bene, ma poi si lamenta per le condizioni della spiaggia.

Palamara lido sardegna si lamenta con il prestanome

L’indomani De Giorgio lo aggiorno riguardo gli incassi: «Oggi un disastro il chiosco. Poco più di 300 (probabilmente euro, ndr). Speriamo nel week end», e il magistrato, che evidentemente si trova lì in vacanza, conferma: «Non c’era anima viva». Vi sono altri messaggi e riguardano la possibilità di sconto per i soci, tra cui però il magistrato formalmente non compare; un mese più tardi manda a De Giorgio le foto del lido. Si vedono canotti, ciambelle, giocattoli e scarpe abbandonate sulla sabbia, e Palamara è indignato e protesta: «Guarda che vergogna. E io devo pure pagare». Segue la risposta ironica del commercialista: «Ao, ti avviso, non sono l’ufficio reclamo». Stesso invio di immagini a un altro socio: «Non è dignitoso avere una spiaggia così. Ti assicuro che la spiaggia libera è dieci volte più ordinata. Trova tu un rimedio perché così è inaccettabile». Questa volta la replica è più preoccupata: «Comunque se veramente hanno visto le blatte in spiaggia la cosa si fa seria! Ci vorrebbe la disinfestazione».

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Il secondo socio

Questo secondo socio è Federico Aureli, un altro amico romano di Palamara, già titolare di una concessionaria di moto, il quale — a differenza di De Giorgio che ha subito ammesso con gli inquirenti della Procura di Perugia che indagano sull’ex pm di essere il prestanome di Palamara — ha provato a negare la compartecipazione del magistrato nel «Kando Istana Beach».

Domanda: «Palamara aveva interesse nell’affare?». La sua risposta: «No, assolutamente, io ho fatto l’atto con De Giorgio Andrea. È lui che ha versato il denaro corrispondente al 10 per cento». I pm fanno presente ad Aureli i messaggi scambiati con Palamara e alcune telefonate a proposito del bar, e il testimone cambia versione: «Confermo di aver parlato con Palamara di questioni relative al chiosco e al bar e alla spiaggia, ma io non sapevo e non so se lui avesse partecipato alla quota versata da Andrea De Giorgio». Gli inquirenti gli fanno leggere allora altre chat relative alla «procedura amministrativa della spiaggia e del chiosco» e Aureli a quel punto è costretto ad aggiustare ancora il tiro: «Sì, in effetti l’ho informato delle varie questioni anche di natura amministrativa». Altra domanda: «Qual era il ruolo di Palamara nella acquisizione e gestione del chiosco Kando Beach?». Risposta: «Io penso che le quote sono state formalmente acquistate da Andrea De Giorgio, ritengo però che l’interessamento alla società fosse di Palamara Luca. Nel senso che ritengo che De Giorgio figurasse al posto di Palamara. Fermo restando che gli aspetti contabili venivano gestiti da me insieme a De Giorgio. Penso che le quote, quindi la proprietà del chiosco interessasse a Luca Palamara ma in ogni caso io ho gestito gli aspetti formali e commerciali con Andrea De Giorgio».

«Un ospite di riguardo»

Il commercialista, quindi, era lo schermo per il magistrato. Interpellato proprio da De Giorgio, il 6 settembre 2018, quando gli scrive a proposito di un certo «Fabrizio» identificato dagli investigatori del Gico della Guardia di Finanza in un loro collega, in servizio ad Olbia, che — secondo la testimonianza di Aureli — in passato aveva svolto il servizio di tutela a Palamara. «Oggi pomeriggio abbiamo un ospite di riguardo in spiaggia — avverte De Giorgio —. Mi ha chiamato Fabrizio per chiedere se il suo capo poteva andare con moglie e figlio. Ho chiamato ed ho dato disposizioni per essere miei ospiti per lettino e bar». La risposta di Palamara: «Ok, digli che paghiamo noi». E De Giorgio replica e conferma: «Già detto. Ho detto di dirgli che sono miei ospiti, sia per i lettini che per il bar».

Palamara si lamenta del lido con il prestanome

L’aiuto per la vicenda giudiziaria

Vi sono poi altri scambi relativi ad un procedimento penale avviato dalla Procura di Roma, a carico della moglie e della madre dell’imprenditore, nelle chat e nelle telefonate tra il magistrato e Aureli «Poi c’ho quella cosa… mi serviva parlarti urgente per quella cosa che c’ho… il 3 aprile luca… sto… non ci sto dormendo la notte, guarda», diceva Aureli a Palamara il 26 marzo dello scorso anno. Secondo gli investigatori, il riferimento è un’udienza di quel processo fissato proprio al 3 aprile. Riguardo questa vicenda, l’imprenditore interrogato dai pm di Perugia, ha dichiarato: «Io ho riferito a Palamara che mia moglie aveva una vicenda giudiziaria ma mai ho chiesto a Luca di aiutarla e di intervenire. Tutto nasce da una richiesta di risarcimento di natura civile legata ad una causa che ci aveva azionato una persona nel corso dei vari gradi di giudizio, mia moglie è stata denunciata dalla controparte ed è iniziato a suo carico un procedimento penale. Il processo è in corso. Sapevo che il pm conosce Luca Palamara».

Il sequestro preventivo

Secondo quanto risulta dall’informativa delle Fiamme gialle, le informazioni che Aureli aveva fornito a Palamara sul procedimento che lo interessava, erano state poi trasmesse dallo stesso Palamara a un altro magistrato, romano ma in servizio presso un altro ufficio giudiziario. Gli affari e gli interessamenti svelati dall’indagine sul «Kando Istana Beach» non fanno parte delle contestazioni penali all’ex componente del Csm, e per ora nemmeno di quelle disciplinari. Secondo il giudice di Perugia che ha disposto il sequestro preventivo di circa 60.000 euro all’ex pm e al coindagato imprenditore Fabrizio Centofanti, da questi fatti però «emergono rapporti poco trasparenti o, comunque, commistioni di interessi quantomeno sintomatici di un impiego non appropriato della posizione e della qualità di magistrato».

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