Bellomo ai domiciliari: imponeva dress code alle borsiste

Il Tribunale del Riesame di Bari ha imposto gli arresti domiciliari all’ex giudice, Francesco Bellomo, per presunti casi di maltrattamento su quattro donne.

 

Bellomo ai domiciliari

Francesco Bellomo, l’ex giudice barese del Consiglio di Stato, torna agli arresti domiciliari come deciso dal Tribunale del Riesame di Bari. L’ex giudice avrebbe imposto alle borsiste dei suoi corsi per aspiranti magistrato un certo dress code: tacchi e minigonne, nonché un comportamento omertoso e di assoluta sottomissione nei suoi confronti. In particolare, la vicenda è quella relativa ai presunti casi di maltrattamento verso quattro donne: tre ex borsiste e una ricercatrice della sua scuola di formazione. Per Bellomo tale “modello di formazione” aiutava a superare il concorso per magistrati, ma per il pm Roberto Rossi e la procura di Bari questo modello è stato dichiarato come tentata violenza privata e minacce nei confronti delle borsiste.

Bellomo era stato arrestato nel luglio 2019 per maltrattamenti ed estorsione. Tuttavia, i domiciliari erano poi stati revocati dal Tribunale del Riesame che aveva riqualificato i reati. La Procura di Bari aveva fatto ricorso e successivamente la Corte di Cassazione aveva imposto al Tribunale del Riesame di rivalutare la misura cautelare. Così, venerdì mattina, i giudici hanno dato nuovamente ragione alla Procura decidendo le sorti di Bellomo ai domiciliari.

Nell’ordinanza di custodia cautelare che ha riportato Bellomo ai domiciliari sono molte le forme di vessazioni descritte dalle aspiranti magistrato: “Non voglio rovinare anni di lavoro senza darti una chance. Venerdì sera, quando entro in stanza, ti metti in ginocchio e mi dici ti chiedo perdono, non lo farò mai più.  Non ha il significato della sottomissione, ma della solennità. Con le forme rituali”.  Nelle carte vengono inoltre citati gli sms e le mail che testimoniano il suo modo di agire manipolativo, condotto con la complicità dell’allora pm Davide Nalin sulle borsiste del suo corso per future toghe. Una borsista si sarebbe confidata con sua sorella e avrebbe riferito di aver firmato “un contratto di schiavitù sessuale” e di essere stata punita per aver violato una delle clausole. In questi casi si finiva in una rubrica sulla rivista della scuola di formazione dove si pubblicavano dettagli intimi sulla vita privata. Ad un certo punto, la stessa ragazza dimostra di aver timore dell’ex giudice e professore Bellomo al punto da rinunciare alla borsa di studi. “Sono terrorizzata dalla reazione. Mi stanno facendo paura, non vogliono lasciarmi andare”: queste le parole della borsista.

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