Genitori di 13enne transgender in Tribunale: chiedono cambio nome e sesso

I genitori di un 13enne transgender si sono rivolti al Tribunale di Ravenna per ottenere il cambio nome del figlio e il nulla osta per l’intervento chirurgico, al fine di portare a compimento il cambio sesso, che comunque non avverrà prima dei 18 anni.

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I genitori di un ragazzo di 13 anni transgender si sono rivolti al Tribunale di Ravenna, sezione civile, per portare avanti un’istanza: chiedere il cambio nome del figlio e il nulla osta per portare a compimento il cambio sesso. La madre, però, ha già anticipato che l’intervento chirurgico avrà luogo una volta raggiunta la maggiore età, e quella che la madre considera un’adeguata maturità. Stando a quanto riportato dal Resto del Carlino, l’adolescente da tempo desiderava di essere donna, fino al definitivo coming out a 12 anni. Poi la sua partecipazione in numerose trasmissioni televisive, nelle quali aveva raccontato la sua storia sempre in compagnia dei genitori. Al centro di una battaglia civile, aveva portato avanti le sue istanze con lo scopo di ottenere una legge sul riconoscimento delle persone transgender. Ieri mattina la richiesta è arrivata in Tribunale, dove ha avuto luogo la prima udienza. Presenti i genitori dell’adolescente, insieme all’avvocato e a uno psicologo, e il pm Cristina D’Aniello. La madre ha allora sottolineato i passaggi della vicenda: “Il giudice ci ha detto che dovrà essere prima fatto un percorso con lo psicologo, solo successivamente sarà fissata un’altra udienza”. Ma poi specifica: “Nessun intervento chirurgico prima della maggiore età e la decisione spetterà a lei. È prematuro pensare in questo momento a un’operazione così delicata, con lei questo concetto è sempre stato sottinteso. Del resto anche una rinoplastica si può fare solo da maggiorenni. Inoltre non si tratterà di una passeggiata, e quando avrà 18 anni avrà la maturità giusta per decidere. Quindi non autorizzo nessuno a pensare che io voglia trattare mia figlia come una cavia”.

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Più impellente, invece, la questione del cambio nome, per la quale diventa indispensabile una decisione del giudice in grado di mettere fine ai disagi che la ragazza avrebbe affrontato negli ultimi anni. E’ ancora la madre a spiegare: “Fino ad oggi non ha vissuto una situazione serena e siamo sempre stati costretti a chiedere ai dirigenti scolastici come favore quello che invece è un diritto: essere chiamata in classe col suo nome femminile. L’altro neppure lo riconosce e sentirlo pronunciare le crea uno stress enorme. Mia figlia è e si sente una ragazza, si immagini l’effetto che le può fare essere chiamata all’appello durante l’interrogazione con il nome di nascita, che non sente suo. Il rischio è che debba fare ’coming out’ ogni volta. Lei non deve vergognarsi di essere trangender, ma spetta a lei decidere quando parlarne”. Si cerca ora di oliare un rapporto con le istituzioni non sempre in grado di accogliere con flessibilità una situazione abbastanza delicata: “Negli ultimi mesi non andava più a scuola perché si sentiva discriminata. Con i dirigenti scolastici non siamo stati molto fortunati, soprattutto alle medie, dove erano un po’ spaventati, uno addirittura non ci ha mai ricevuti. E comunque non trovo giusto dovere chiedere come un favore quello che è un diritto”. Ora la situazione sembra migliorare, e l’adolescente, che si è iscritta al Liceo artistico, avrebbe finalmente trovato un ambiente accogliente: “Nella nuova scuola non dovrebbe avere problemi, il loro approccio mi è piaciuto molto. Quando abbiamo chiesto di poter parlare con gli altri genitori ci è stato detto che non ce n’era bisogno perché lei non è diversa da nessun altro”.

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