L’amarezza di Benetton:” Non ero preparato ad affrontare certi problemi”

Al termine della lunga notte dell’accordo su Autostrade, Luciano Benetton si sfoga con i famigliari e gli amici:” Sono prostrato da una gravissima sofferenza personale, ma ancora deciso a combattere”.

A 85 anni Luciano Benetton non accetta l’accordo fatto su Autostrade con la conseguente estromissione della sua azienda. “Non mi sorprendono gli interessati attacchi politici di persone senza qualità. Mi indigna la sistematica opera di demonizzazione del nome della nostra famiglia, promossa dai vertici dello Stato. Mai mi sarei aspettato certi termini e certi toni pubblici dal premier Conte e da alcuni suoi ministri”. Dopo anni di sacrifici per tirare su un impero, vede crollare tutte le sue certezze e non riesce a crederci. Luciano è a pezzi e confida ai collaboratori più stretti di essere “prostrato da una gravissima sofferenza personale, ma ancora deciso a combattere”. Il suo lavoro è stato tutto e anche se non ha partecipato direttamente al braccio di ferro sulla minacciata revoca della concessione, conseguenza diretta del crollo del ponte Morandi, ha seguito ogni dettaglio del suo business in prima persona. Luciano si confessa preoccupato dal dossier Aspi-Atlantia, soprattutto per “le conseguenze umane, occupazionali e finanziarie di un accanimento istituzionale che i protagonisti della vita pubblica dovrebbero al contrario moderare”. Nonostante questo però, nessuno, in casa Benetton, nega oggi “i molti errori compiuti, a partire dalla fiducia totale riconosciuta ai manager scelti da Gilberto per permettere alla famiglia di fare solo l’azionista”.

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Luciano Benetton: “Ci stanno trattando peggio di una cameriera”

“Ci stanno trattando – sbotta nel pomeriggio con chi lo incontra – peggio di una cameriera. Chi caccia una domestica da casa è obbligato a darle quindici giorni di preavviso. A noi, che per mezzo secolo abbiamo contribuito al boom economico dell’Italia, intimano di cedere i nostri beni entro una settimana”. Il capo della famiglia Benetton rinfaccia di aver contribuito al benessere economico del Paese e di aver ricevuto un trattamento sbagliato dopo i tanti anni di lavoro. La famiglia ha visto precipitare il fatturato da 2 miliardi e 1236 milioni e dal gruppo Benetton dipendono ad oggi 7 mila persone. Luciano sente una “grande prostrazione” per i troppi opportunismi. Ricorda i tempi andati e sottolinea l’importanza del gruppo per i tanti Paesi partner: “All’estero ci rispettano e non capiscono perché un grande gruppo privato, sconvolto da una tragedia che tocca alla magistratura chiarire, viene fatto a pezzi da uno Stato che ha sempre sostenuto”, aggiunge Luciano commosso.

Per questo il capo del gruppo si guarda bene dal chiedere “assoluzioni sommarie” per il ponte Morandi, che definisce “la più grande tragedia della mia vita”. Così, costretto ad assistere al disfacimento del suo impero, sostiene di non voler essere insultato come uomo, alla fine dei suoi giorni. “Ad affrontare certi problemi – confessa infine – non ero preparato”.

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