E’ morto John Lewis, ultimo pioniere per i diritti civili degli afroamericani

Era l’ultimo leader in vita del movimento dei diritti civili degli afroamericani, aveva 80 anni. Esponente di lungo corso della Camera, vicino a Martin Luther King.

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E’ morto nella notte di venerdì 16 luglio a causa di un cancro al pancreas in stato avanzato, John Lewis, 80enne, protagonista assoluto della storia americana nonché leader indiscusso della comunità afroamericana, insieme a Martin Luther King. Lewis, nato nel 1940 a Troy, in Alabama, era uno dei cosiddetti “Big Six”, cioè le sei persone che tra gli anni Cinquanta e Sessanta guidarono il movimento per i diritti civili degli afroamericani. Fu uno dei primi “Freedom Riders”, gli attivisti che viaggiavano sugli autobus insieme ai bianchi per contestare la segregazione; fu picchiato e arrestato moltissime volte e rischiò di morire nel 1961, quando fu pestato a Montgomery, in Alabama, e nel 1965 sull’Edmund Pettus Bridge a Selma, sempre in Alabama, nella cosiddetta “Bloody Sunday”. Il 28 agosto 1963 il 23enne Lewis contribuì ad organizzare la marcia su Washington che si concluse col famoso discorso “I have a dream” di Martin Luther King. Quelle immagini, con i manifestanti inermi attaccati brutalmente su ordine del Governatore dell’Alabama George Wallace, spingono milioni di afroamericani a mobilitarsi: nel 1976 viene eletto presidente Jimmy Carter e Lewis viene eletto nel Congresso nel 1986, rimanendo per 34 anni deputato democratico della Georgia.

All’interno del Parlamento, John Lewis mantiene il suo atteggiamento ed il suo stile: si fa arrestare più volte fuori dall’Ambasciata del Sudafrica per i sit-in contro l’apartheid, sostiene Obama nella sua campagna per la riforma sanitaria e boicotta da subito Trump, spingendo per il suo impeachment. Infine, rivedendo tutti quei giovani in piazza, dopo la morte di George Floyd, si commuove, sapendo che la sua battaglia per i diritti civili andrà avanti.

 

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