Lockdown, ma il pusher spacciava con l’aiuto dei Carabinieri

L’inchiesta “Odysseus”, che ha smascherato l’organizzazione criminale formata da carabinieri a Piacenza, racconta di una realtà talmente grave da non poter essere immaginata.

Per trovare un elemento di conforto, nell’enorme faldone di pagine che vanno a comporre l’inchiesta “Odysseus” – che ha rivelato l’esistenza di una associazione criminale composta da carabinieri a Piacenza – bisogna andare a leggere le ultime considerazioni, in fondo:  «Nel concludere la stesura di questo provvedimento, il pensiero non può che andare al caso, il quale ha voluto che la data di conclusione del presente lavoro sia la stessa in cui, 28 anni fa, servitori dello Stato – di tutt’altro spessore rispetto agli odierni indagati – persero la vita compiendo il proprio dovere. A loro si dedica questo atto di giustizia». A scriverlo è il gip Luca Milani, e l’inchiesta rappresenta “la risposta dello Stato” ad uno dei più spregevoli crimini: il tradimento della divisa, e dell’ideale che essa dovrebbe rappresentare. E’ quello che hanno fatto i carabinieri della stazione di Piacenza che, durante il lockdown, hanno organizzato una struttura criminale di spaccio, violenza, intimidazione. Tutto il resto, di quanto contenuto nell’inchiesta, fa venire i brividi. Intercettazioni che riportano conversazioni adatte ad una banda di criminali, non certo ad un gruppo di militari, di servitori dello Stato.

12 persone arrestate, tra cui 7 militari: questo al momento il conteggio di chi è coinvolto nell’organizzazione criminale di Piacenza e che è stato fermato dalla giustizia. Il principale protagonista è l’appuntato Giuseppe Montella: «Minchia adesso ti devo racconta’ quello che ho combinato, ho fatto un’associazione a delinquere ragazzi! Che se va bene ti butto dentro, nel senso a livello di guadagno – racconta a un collega in auto descrivendo l’associazione criminale – In poche parole abbiamo fatto una piramide: sopra ci stiamo io, tu e lui, ok? Noi non ci possono… noi siamo irraggiungibili, ok? A noi non ci deve cagare nessuno. Però Davide i contatti ce li ha tutti lui, quelli grossi! Lui siccome è stato nella merda, e a Piacenza comunque conosce tutti gli spacciatori, abbiamo trovato un’altra persona che sta sotto di noi. Questa persona qua va tutti da questi gli spacciatori e gli dice “guarda, da oggi in poi, se vuoi vendere la roba vendi questa qua, altrimenti non lavori!”. E la roba gliela diamo noi! Poi a loro volta avranno i loro spacciatori, quindi è una catena che a noi arriveranno mai!!». L’elenco dei reati commessi dal gruppo criminale è lungo. La cosa che colpisce maggiormente è, come ha sottolineato il procuratore capo di Piacenza, Grazia Pradella, che siano stati commessi per lo più durante il lockdown e in una zona duramente colpita dal Covid-19. Mentre le persone morivano, o vivevano l’incubo del lockdown, i 7 carabinieri di Piacenza allestivano la loro organizzazione di spaccio, approfittando del lockdown per generare ancora più profitti. A marzo, quando l’Italia era interamente bloccata e piangeva i morti per la pandemia, i carabinieri di Piacenza si muovevano come se nulla fosse. Anzi, fornivano autorizzazioni per gli spostamenti ai loro fornitori che in questo modo potevano raggiungere senza problemi la piazza di Milano per comprare la droga.

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