Investì e uccise l’uomo che tentò di stuprarla: per i giudici è legittima difesa

Aurela Perhati è stata assolta per legittima difesa: finita a processo a seguito della morte di Massimo Garitta, non si sarebbe trattato di omicidio volontario. La giovane investì e uccise l’uomo nel tentativo di scappare da una violenza sessuale.

Aurela Perhati assolta per legittima difesa
Aurela Perhati e Massimo Garitta – foto via La Repubblica

È stata assolta per legittima difesa Aurela Perhati, la 25enne di Ovada (Alessandria) accusata dell’omicidio di Massimo Garitta, 53enne che aveva tentato di violentarla e che era stato travolto e ucciso dall’auto della donna il giorno di Capodanno del 2019. Il corpo ormai senza vita dell’uomo venne ritrovato con i pantaloni abbassati in un campo. La ragazza era stata fermata dai carabinieri lo scorso 4 gennaio, ma già ieri è stata disposta l’immediata liberazione dagli arresti domiciliari. L’accusa aveva chiesto nei suoi confronti 8 anni di reclusione.

Aurela Perhati assolta per legittima difesa

Era finita a processo con rito abbreviato Aurela Perhati, secondo l’accusa colpevole di aver investito la vittima in maniera intenzionale, come avrebbero dimostrato le tracce lasciate dalla sua auto. Fermata dai carabinieri del Nucleo Investigativo di Alessandria e della compagnia di Acqui Termea, la ragazza era stata sottoposta a un lungo interrogatorio, dove aveva confessato di aver investito il 53enne con la sua Ypsilon. Avrebbe raccontato agli inquirenti di averlo fatto salire nel veicolo poco prima del fatto, ma di non aver mai avuto intenzione di ucciderlo.

Massimo Garitta
il 53enne Massimo Garitta – foto via web

Gli investigatori erano risaliti alla ragazza, ex commessa nell’Outlet di Serravalle Scrivia con problemi psichici, grazie ai caratteri alfanumerici e al marchio della marmitta rimasti impressi sul giubbotto di pelle della vittima. Alle forze dell’ordine la ragazza aveva anche raccontato di quel tentato abuso sessuale da parte dell’uomo, conosciuto in zona perché implicato in giri di droga. Una testimonianza, la sua, che tuttavia era apparsa in alcuni punti contraddittoria, fatto che l’ha poi portata in carcere a Vercelli.

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Gli avvocati della donna, Giuseppe Cormaio e Marco Conti, avevano però spiegato che le incongruenze nei racconti della ragazza erano da imputare a dei problemi di natura psichiatrica, dovuti cioè a un disturbo schizoaffettivo confermato poi dalla perizia richiesta dal Gip. Ieri infine la sentenza dei giudici: si è trattato di legittima difesa e non di omicidio volontario. La ragazza, di origini albanesi, sconterà adesso un periodo di permanenza presso una comunità.

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