Ristorante chiuso, tutti positivi: forse il focolaio partito dalla moschea

Cresce il numero dei dipendenti positivi al Covid nel ristorante del lido chiuso da alcuni giorni. Il contagio potrebbe essere partito da un cittadino originario del Bangladesh, residente a Jesolo e in servizio in un locale della zona. 

Come riporta Il Gazzettino, l’Ulss 4  sta cercando di individuare un luogo di preghiera dove i cittadini bengalesi di fede islamica si sarebbero radunati. Tra questi vi era anche l’uomo che avrebbe dato inizio al focolaio. Un cittadino originario del Bangladesh, residente a Jesolo da diversi anni e in servizio in un locale del centro, dove lavora in cucina.
L’uomo si sentiva male da alcuni giorni e per questo non si era presentato al lavoro. Prima si è recato dal proprio medico di base e poi in pronto soccorso dove è stato sottoposto al tampone che ha confermato la positività al coronavirus. Adesso si trova in isolamento nella propria abitazione. L’Azienda sanitaria ha  così disposto il test del tampone per tutti i dipendenti e per i gestori del locale. Di ieri la notizia di altri tre casi risultati positivi nello stesso locale,  anche loro originari del Bangladesh e in servizio nella stessa cucina. Potrebbero averlo contratto nel luogo di raduno adibito alla preghiera. Tutti asintomatici, per tutti e tre è scattato l’obbligo dell’isolamento domiciliare. Il  locale è stato chiuso per motivi sanitari. Per riaprire nell’immediato i gestori dovranno sostituire tutti i dipendenti e sanificare gli ambienti.

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Paziente zero: possibili contagi in una moschea

Ma da chiarire c’è anche come sia avvenuto il contagio del primo risultato positivo. Il sospetto sarebbe la partecipazione dell’uomo ad un momento di preghiera con alcuni connazionali. Una circostanza che potrebbe aver favorito il contagio. Se per le chiese sono state infatti previste una lunga serie di norme, tra distanziamento, percorsi differenziati e riduzione della capienza, lo stesso potrebbe non essere avvenuto  per i luoghi di preghiera musulmani.  I tecnici del Dipartimento di prevenzione dell’Ulss 4 stanno individuando l’eventuale sede della preghiera. Stando agli ultimi accertamenti si tratterebbe di una moschea dove la comunità islamica si sarebbe radunata per svolgere i propri riti. In particolare a finire sotto osservazione ci sarebbero due zone: quella di Cortellazzo e quella a ridosso di piazza Mazzini, in via Aquileia. Non è però  escluso che il  gruppo di fedeli non si sia ritrovato in qualche abitazione privata. Questo potrebbe estendere moltissimo i possibili contagi. Di fatto, se confermata, una situazione potenzialmente esplosiva potrebbe bastare un unico caso positivo per innescare una pericolosa catena. A lanciare un invito alla calma è Francesco Esposito, portavoce del comitato per la difesa dei diritti civili che afferma: “I nuovi casi di lavoratori stranieri risultati positivi al Covid-19 – commenta – creano allarme e nuove tensioni a Jesolo. Riteniamo che il problema rientri nella normale casistica di contagi che si possono verificare e che si verificano normalmente anche con cittadini non necessariamente provenienti dall’estero. Il sistema sanitario nazionale è oramai rodato e sa bene come fronteggiare la situazione mettendo in quarantena i contagiati. Non è quindi logico fomentare nuove paure che avrebbero l’unico risultato di danneggiare l’economia jesolana, una maldestra tattica politica in periodo elettorale”.

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