La Svezia ed il ‘no’ al lockdown, il Pil ci ha guadagnato

Il no della Svezia al lockdown fece molto discutere, ma nel primo trimestre è l’unica economia ad aver chiuso in positivo

Il Pil della Svezia dopo aver rifiutato il lockdown

La Svezia, rispetto al resto del mondo, ebbe un approccio molto più soft riguardo la pandemia. Non fece praticamente nessun lockdown, zero chiusure per le scuole primarie, i negozi, i centri commerciali e i bar. Si ripararono con qualche schermo protettivo tra negozianti e clienti e l’invito a rispettare le distanze e l’igiene personale. Uffici e fabbriche rimasero aperti, con l’invito allo smartworking e ad essere rispettosi e non uscire di casa se malati. Ora si vedono i risultati di questo metodo e l’economia della Svezia è stata l’unica col segno più tra quelle dei Paesi avanzati: +0,4% rispetto a un anno prima e +0,1% rispetto ai precedenti tre mesi.

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Il dibattito

È previsto dal governo svedese un calo del Pil del 6% quest’anno, contro il -3,5% della Danimarca e il -4,1% della Norvegia, loro a differenza di Stoccolma, hanno effettuato il lockdown in modo più restrittivo. È opinione del professore emerito di economia Lars Calmfors, che la Svezia abbia fatto meglio di altri paesi, ma che al momento sia ancora troppo presto per dirlo. “Abbiamo chiuso meno di altri paesi, il che potrebbe far pensare che abbiamo fatto un po’ meglio finora. Ma tutto dipenderà da ciò che accadrà in autunno: abbiamo ridotto abbastanza la diffusione dell’infezione o aumenterà di nuovo? Se aumenta, la nostra economia ne risentirà”.

Il Pil della Svezia dopo aver rifiutato il lockdown

Anders Tegnell, il capo epidemiologo dietro a cui è nata l’idea di questa strategia ‘soft’ del governo, è molto positivo e ha dichiarato che la popolazione svedese potrebbe aver raggiunto una sorta di “immunità di gregge parziale” che la renderebbe dunque pronta ad affrontare la temuta ondata di Coronavirus autunnale. “In autunno ci sarà la seconda ondata – ha dichiarato Tegnell nel corso di un’intervista rilasciata al Financial Times – e la Svezia avrà un alto livello di immunità e il numero di casi sarà probabilmente piuttosto basso. La Finlandia, al contrario, dovrà forse richiudere tutto?”.

Stime economiche contrastanti

In realtà, si parla di stime economiche piuttosto incerte al momento. Una società di consulenza macro, la Capital Economics, ha riferito a luglio di prevedere per quest’anno una sorprendente crescita dell’1,5%, mentre per Danimarca e Norvegia stima un -3% annuale. L’Ocse, nel suo ultimo Outlook, ha collocato le previsioni di crescita del Pil per la Svezia tra -7,8% e -6,7%, a seconda della gravità di una eventuale seconda ondata. E ha posto la Danimarca leggermente avanti con una forchetta compresa -7,1% e -5,8%.

La Commissione europea è stata meno pessimista e ha stimato un -5,3% per la Svezia, contro il -8,7% dell’Eurozona e il -5,25% della Danimarca. Dati più recenti di Statistics Sweden hanno riportato che i consumi delle famiglie sono diminuiti del 4,5% circa da inizio anno. All’inizio di aprile la Riksbank, la banca centrale svedese, aveva previsto uno scenario catastrofico per il 2020: -6,9% nel caso più ottimistico e -9,7% nel caso più nero. A luglio, però, la banca centrale ha aggiornato la sua proiezione. Ora i due scenari proiettano un range tra -4% e -5,7% di crescita del Pil, cioè un 2020 nettamente meno brutto di quello della maggior parte degli altri paesi avanzati.

I conti delle grandi aziende

Mentre ancora non è chiaro se l’approccio soft svedese abbia portato risultati positivi o negativi, il Financial Times ha notato che la maggior parte delle grandi aziende del Paese, all’inizio dell’estate, hanno registrato utili migliori del previsto. Da Nokia a Ericsson, fino ad Elettrolux, passando dalla banca Handelsbanken alla catena di attrezzistica Assa Abloy. “Non ho mai visto una proporzione così elevata di aziende realizzare nel secondo trimestre profitti migliori del previsto. Quasi tutte le società lo hanno fatto”, ha commentato al Ft, Esbjorn Lundevall, capo stratega azionario della banca Seb.

“Mantenere la società aperta, le scuole aperte, non significa che non siamo stati colpiti. Ma significa che non eravamo obbligati a non lasciare le nostre case. Ciò ha indubbiamente aiutato le aziende”, questo è quanto ha dichiarato, sempre al Ft, Alrik Danielson, amministratore delegato del produttore svedese di cuscinetti a sfera Skf, un gruppo, con sede a Goeteborg, che ha tenuto aperti i suoi uffici in Svezia durante la crisi e i cui profitti operativi nel secondo trimestre sono diminuiti di quasi la metà rispetto a un anno fa, ma sono saliti di oltre un terzo rispetto alle aspettative degli analisti. “Ci siamo rapidamente adattati alla nuova realtà, anche se non sappiamo come andrà avanti”, ha proseguito Danielson. Le azioni della Skf, i cui cuscinetti a sfera sono utilizzati dalle macchine per la carta alle automobili, sono sostanzialmente piatti dall’inizio del 2020, ma sono aumentati di oltre la metà dal loro punto più basso toccato a marzo, quando è scoppiata la pandemia.

Il Pil della Svezia dopo aver rifiutato il lockdown

I costi in vite umane

Il metodo svedese avrà sicuramente aiutato psicologicamente la popolazione ma il numero di contagi e di morti in Svezia è stato molto alto. Attualmente i casi di coronavirus in Svezia sono sopra le 80.000 unità e i morti a quota 5.700, con punte particolarmente elevate. Soprattutto tra la popolazione anziana. Un bilancio molto più alto di quello degli altri Paesi scandinavi. La Svezia, che ha 10 milioni abitanti, ha registrato più contagi e più morti di Norvegia, Finlandia, Danimarca e Islanda messe insieme, che contano complessivamente 17 milioni di abitanti.

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