Covid: torna dalla Sardegna positivo ma nessuno lo avverte

“Meno male che sono stato previdente mettendomi in auto-quarantena, altrimenti ancora oggi e, per le due settimane che sono passate dal mio rientro dalla Sardegna, sarei andato in giro da positivo Covid asintomatico”. Questa è la storia di Giulio, 25 anni, al rientro dalle vacanze in Sardegna.

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Quella raccontata da Giulio, 25 anni, dal suo isolamento nel quartiere San Giovanni è la preoccupante esperienza vissuta in prima persona. Ma non è il primo né l’ultimo ad aver subito questo trattamento. Il tutto iniziato da un contagio contratto forse in discoteca, forse sul traghetto di ritorno a Civitavecchia Giulio si è ritrovato con un test positivo senza saperlo. Il risultato  l’ha appreso all’ospedale Santa Maria della Pietà solo tornando di persona sul posto. Ed è grazie al suo interessamento che Giulio ha scoperto di avere il Covid, per fortuna in maniera asintomatica. Probabilmente non sarebbe stato così per tutta la sua famiglia, non fosse stato attento.

Sono stato a Porto Rotondo dal 10 al 17 agosto, la settimana precedente lo scoppio dei focolai. Eravamo in dieci amici nello stesso appartamento e sì, siamo stati due volte in discoteca. Una all’aperto, una situazione molto tranquilla, senza affollamenti; l’altra, a ripensarci ora, dove abbiamo adottato comportamenti non troppo intelligenti: era il Country Club (uno dei locali al centro delle polemiche che poi hanno portato alla chiusura delle discoteche sull’isola e non solo, ndr) con spazi e distanze ridotte”, racconta Giulio passo passo.


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La storia di Giulio è la stessa di molti giovani rientrati dalle vacanze

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Giulio rientra in traghetto da Olbia il 17 agosto. Ed è solo grazie al WhatsApp di una amica che scopre la presenza di un passeggero trovato positivo sulla nave.  “Su consiglio di un medico amico dei miei e impegnato in un centro anti-Covid  aspetto 8 giorni per sottopormi al test così da essere sicuro di non risultare negativo mentre il contagio è in realtà in incubazione. Nel frattempo mi chiudo in casa e tramite il mio medico di base mi faccio prescrivere l’esame, che il 24 agosto svolgo presso il drive-in allestito al Santa Maria della Pietà”, continua a raccontare Giulio, ancora visibilmente preoccupato. Passano le 48 ore indicate come tempo necessario ad avere il responso, ma nessuno del personale contatta Giulio.

Passano altri due giorni, finché, il 28 il ragazzo va a chiedere informazioni. Gli infermieri e il personale presente gli indicano un banchetto dove finalmente riceve la risposta: positivo. «Il referto indica la data del 26 agosto — continua Giulio — quindi il risultato era davvero pronto in 48 ore, soltanto che nessuno me l’ha detto. Solo il 29 ha ricevuto una sola chiamata da un centralino a cui non ha risposto e poi non è più stato contattato da nessuno. Poteva mettere in pericolo la vita e la salute di molte altre persone. Dove abbia contratto il virus a questo punto non conta più, di fatto Giulio sarebbe potuto andare in giro in buona fede contagiando gli altri: “Dicono tutti che la positività viene comunicata in fretta e io nell’attesa mi ero convinto di essere negativo… per fortuna non mi sono fidato, altrimenti avrei messo a rischio i miei genitori e chissà chi altro”. il tutto avrebbe causato un focolaio molto più grande di quello che fortunatamente Giulio è riuscito ad evitare.

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