Pensioni minime, come l’importo potrebbe arrivare a 780 euro

Con la tanto attesa e necessaria Riforma delle pensioni 2021 si è già tornati a discutere della necessità di prevedere una pensione minima per i contributivi puri: l’importo mensile potrebbe arrivare a 780 euro. 

pensioni - meteoweek.com

Nella giornata di oggi, martedì 8 settembre, riprendono il via i confronti e le discussioni tra i rappresentanti del ministero del Lavoro e sindacati. Tra i temi sul tavolo, la misura deputata a sostituire Quota 100, ma non solo. E’ necessario infatti iniziare a delineare i contorni della tanto attesa Riforma delle pensioni 2021, una riforma che dovrebbe apportare modifiche sostanziali al sistema pensionistico italiano. All’interno di questo quadro potrebbe riprendere piede una proposta già avanzata da tempo, che ora potrebbe trova un suo spazio di applicazione: la cosiddetta pensione di garanzia, che riguarda coloro che rientrano interamente nel regime contributivo per il calcolo dell’assegno.


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Lo scopo della proposta sarebbe innalzare l’importo delle pensioni minime, fino a portarlo a 780 euro. L’idea che sta alla base del possibile provvedimento, infatti, è la necessità di garantire un assegno dignitoso per tutti coloro che hanno iniziato la loro attività lavorativa dopo il primo gennaio 1996. Stando al sistema applicato fino ad ora, quando quei lavoratori avranno diritto alla pensione potranno usufruire di un assegno calcolato sulla base dei contributi versati. Il rischio è presto detto: il precariato, la disoccupazione e la difficoltà nel trovare un lavoro ben retribuito potrebbero danneggiare gravemente gli attuali millennials (nonché futuri pensionati). Lo Stato dovrà quindi occuparsi di fungere da cuscinetto per scongiurare o attutire quella che potrebbe essere una potenziale bomba sociale. In sostanza, saranno necessari una serie di adeguamenti per accompagnare il passaggio dal regime retributivo al contributivo in un mondo del lavoro profondamente modificato.

Le proposte sul campo

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A questo punto, diverse sono le proposte sul campo per raggiungere la cosiddetta pensione minima di garanzia (780 euro). Il primo nodo da sciogliere riguarda un elemento: chi rientra interamente nel regime di calcolo contributivo attualmente non si vede riconosciuto neanche il diritto al trattamento integrativo al minimo della pensione (attualmente ammonta a circa 517 euro mensili). Quindi è evidente l’esigenza di riconoscere una pensione minima ai contributivi puri. Tuttavia, resta qualche disaccordo su come raggiungere quell’obiettivo. Da un lato ottiene ancora sostenitori la proposta presentata nel 2016 dall’allora ministro del Lavoro Giuliano Poletti: per coloro che al momento del collocamento in quiescenza di trovino al di sotto di una certa soglia reddituale, la pensione di garanzia potrebbe esser raggiunta attraverso una cumulazione di pensione e assegno sociale.


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Un’altra alternativa è rappresentata dallo stesso meccanismo adottato per le pensioni di invalidità. Questo secondo metodo garantirebbe un incremento garantito per tutti coloro che vanno in pensione interamente secondo il regime contributivo e che presentano un reddito inferiore a una soglia stabilita. L’idea è di introdurre, anche per i contributivi puri, un’integrazione al minimo. Secondo una proposta del presidente dell’Inps Pasquale Tridico questo sarebbe possibile attraverso l’istituzione di un fondo previdenziale integrativo pubblico, che permetterebbe di aggirare l’intervento assistenziale statale.

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