Maria Paola Gaglione: la ricostruzione della morte e dell’incidente

La ricostruzione dell’incidente che è stato fatale per Maria Paola Gaglione, causato dal fratello che non approvava la sua relazione con Ciro, che è transessuale.

Michele, Maria Paola e Ciro: i protagonisti della tragedia di Caivano

Una dinamica agghiacciante, che evidenzia come Michele Antonio Gaglione, pur di “punire” Ciro, il fidanzato trans della sorella, non si sia fatto scrupoli nel mettere a rischio e poi uccidere la giovane donna. Michele Antonio non potrà nemmeno partecipare ai funerali della sorella: deve rimanere in carcere. Maria Paola è morta per colpa sua, ha stabilito il gip al termine dell’udienza preliminare. È morta perché lui, che non accettava la storia tra la sorella e Ciro, il fidanzato trans, li ha inseguiti in moto per ben 16 minuti da Caivano fino ad Acerra, mentre i due ragazzi scappavano, anche loro in scooter. Correvano le due moto, e da dietro Michele Antonio urlava «t’aggio accirere», rivolto a Ciro: «Ti devo uccidere». E nel mentre cercava di tagliargli la strada: quando riusciva ad affiancarlo prendeva a calci la scocca dell’SH del ragazzo, incurante del fatto che sul sellino ci fosse anche sua sorella. Anzi, nonostante proprio lei gli urlasse di smetterla, perché la stava mettendo in pericolo.

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Il luogo della tragedia

Questa è la drammatica ricostruzione di quello che è accaduto nella notte tra venerdì e sabato,  quando Maria Paola è morta cadendo dallo scooter e battendo la testa su una colonnina di cemento, e Ciro Migliore, il suo fidanzato, è rimasto ferito anche dai pugni e dai calci sferrati da Gaglione, che lo colpiva mentre tentava di rialzarsi. Una ricostruzione che è contenuta nelle dieci pagine dell’ordinanza firmata dal gip del Tribunale di Nola Fortuna Basile, che esclude per Gaglione anche la concessione degli arresti domiciliari. Perché se li ottenesse ritornerebbe al Parco Verde di Caivano, dove risiede la sua famiglia ma anche quella di Ciro: secondo il gip potrebbe essere un rischio «in ragione del non pacifico rapporto esistente» tra le due famiglie. Ma questo è un aspetto secondario della decisione presa dal giudice al termine dell’udienza preliminare. Il gip ha stabilito che Gaglione deve restare in carcere sulla base del suo comportamento di quella notte. Quando, per sua stessa ammissione, «ha inseguito la sorella perché voleva riportarla a casa». E durante l’inseguimento allo scooter di Ciro Migliore ha «tentato più volte di tagliargli la strada, al fine di arrestarne la corsa, e ha spinto con la mano o con un calcio lo scooter sempre nel tentativo di fermarlo». Gaglione sostiene di non aver né spinto l’altro mezzo, né sferrato calci, quando sua sorella e Ciro sono caduti . Dice che è stato il ragazzo a perdere il controllo, e di conseguenza la stabilità, dello scooter. Ma per il giudice «cambia poco che il Gaglione abbia o meno sferrato il colpo “fatale” con il piede sullo scooter, perché è indubbio, come peraltro ammesso dall’indagato, che lo stesso teneva una condotta di guida pericolosa», come si legge nell’ordinanza. E altrettanto «indubbio», prosegue il gip, è «che una tale condotta si rivelava pericolosa e idonea alla perdita di controllo dello scooter» da parte di Migliore. «Specialmente in virtù del fatto che si ripeteva più volte durante la corsa». Infatti «sulla parte sinistra dello scooter» sul quale viaggiava anche Maria Paola «sono state trovate impronte compatibili con la suola delle scarpe indossate dal Gaglione». Resta poi la posizione dei genitori di Maria Paola che ieri, al termine dell’autopsia, hanno potuto riportare a casa il corpo di Maria Paola. Hanno voluto diffondere una dichiarazione, il padre e la madre della sfortunata ragazza: sostengono di essere «certi dell’innocenza di nostro figlio Michele. Non abbiamo mai creduto all’ipotesi dell’aggressione perché conosciamo Michele e il suo amore per Paola». I Gaglione negano poi di essersi opposti alla relazione tra la loro figlia e Ciro per questioni di carattere sessuale: «Nella nostra famiglia, umile e cristiana, non c’è spazio per l’odio verso il prossimo e a maggior ragione non c’è spazio per l’odio o la discriminazione per motivi sessuali. Eravamo preoccupati per Paola, ma non per le sue scelte sentimentali o sessuali. Sentivamo il pericolo di una frequentazione con una persona, ad avviso di noi genitori, poco affidabile. La nostra critica era alla persona, mai all’orientamento sessuale. Il tempo dirà se le nostre erano preoccupazioni fondate».

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