Bancarotta fraudolenta a Roma: maxi sequestro da 700 mila euro

Roma, indagate tre persone per bancarotta fraudolenta: l’operazione della Guardia di finanza ha portato al maxi sequestro di beni per un valore complessivo di 700 mila euro.

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foto di repertorio (via web) – maxi sequestro a Roma, tre indagati per bancarotta fraudolenta

Bancarotta fraudolenta nella Capitale, con sequestro di beni per un valore di 700 mila euro. Secondo quanto si apprende, nelle ultime ore il Nucleo Speciale di Polizia Valutaria della Guardia di Finanza è impegnato nell’esecuzione di un decreto di sequestro preventivo emesso dal gip del Tribunale di Roma. La richiesta è arrivata dalla Procura della Repubblica capitolina, che ha coordinato l’attività investigativa delle Fiamme Gialle. Il sequestro dei beni, dal valore complessivo di circa 700 mila euro, viene applicato nei confronti di 3 soggetti, tutti indagati per reati fallimentari aggravati dalla transnazionalità.

Tre le persone indagate: le indagini

Sempre secondo quanto viene riportato dalle fonti, le attività investigative hanno permesso alle autorità di rilevare come i 3 indagati abbiano causato il dissesto di una società con sede nella Capitale (trasferita in seguito a Genova, qualche mese prima di essere dichiarata fallita dal Tribunale di Roma nel 2017) con un passivo di 1,3 milioni di euro. Nel corso delle indagini sono state ricostruite numerose condotte distrattive risalenti ai giorni immediatamente antecedenti il conferimento della società, a titolo di aumento di capitale, nella compagine patrimoniale di un’ulteriore società romana di intermediazione che operava nel ramo assicurativo (e anch’essa, a sua volta, successivamente fallita).

Proprio in vista del conferimento, gli indagati avrebbero quindi predisposto una serie di scritture private e atti di transazione fittizi con diverse società sia italiane che estere (stabilite nel Regno Unito, in Irlanda e negli Stati Uniti), riconducibili all’amministratore di fatto dell’azienda fallita. Lo scopo degli indagati sarebbe stato quindi quello di attribuire i debiti in capo a quest’ultima, oltre che di azzerare i crediti vantati dalla stessa nei confronti di imprese che, con l’ausilio di “prestanomi”, risultavano comunque riferibili al predetto dominus.

Sempre nel corso delle indagini, sarebbe poi emersa una molteplicità di condotte fraudolente a danno della società fallita che, dopo essere stata privata di ogni autonoma capacità finanziaria e patrimoniale, è stata in seguito depauperata dei suoi beni materiali e immateriali attraverso una serie di atti mirati. Tra questi, “la cancellazione di crediti vantati nei confronti di società italiane, dei prelievi di denaro ingiustificati, delle cessioni a prezzi irrisori di software a favore di una società di diritto inglese, la creazione di posizioni debitorie per prestazioni in realtà mai eseguite” e le sistematiche evasioni di imposta in un periodo che va dal 2011 al 2016.


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In aggiunta, è stato accertato come l’amministratore di fatto della società “decotta” sia riuscito ad addebitare a quest’ultima i canoni di affitto e i lavori di manutenzione (per delle spese dal valore di oltre 200 mila euro) di un immobile di lusso situato a Londra, dove risiede tra l’altro insieme alla sua famiglia. Fondamentale per lo sviluppo delle indagini è stata la ricostruzione dei flussi finanziari, coadiuvata dal patrimonio informativo risalente ad alcune segnalazioni di operazioni sospette prevenute precedentemente al Nucleo Speciale di Polizia Valutaria, nell’ambito del sistema di prevenzione antiriciclaggio.

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