Coronavirus Usa, cena a tempo nei ristoranti: 90 minuti per consumare e pagare

Negli Usa aumentano i contagi e da New York a Chicago, fino a Houston, molti ristoranti stanno cercando di far fronte alle nuove esigenze dovute all’emergenza coronavirus: in molti ristoranti è stato istituito un tempo massimo di novanta minuti per consumare la propria cena all’interno del locale. Al novantesimo minuto i clienti sono invitati dai camerieri a lasciare il tavolo. 

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(Foto di Bryan R. Smith, da Getty Images)

La situazione coronavirus negli Stati Uniti peggiora a vista d’occhio: i positivi hanno superato quota 7,6 milioni. Secondo i dati della Johns Hopkins University i contagi nel Paese sono ad oggi 7.603.746, inclusi 212.716 decessi. Stando alle previsioni matematiche riportate dai media americani, i casi supereranno quota 8 milioni entro giovedì. A preoccupare anche un altro bilancio, quello dell’agenzia sanitaria federale per la tutela della salute, che ha previsto un bilancio dei morti nel Paese che potrebbe arrivare a quota 233mila entro la fine del mese. Intanto le attività statunitensi cercano di far fronte a una crisi senza precedenti, sia a livello sanitario sia a livello economico. Particolare la strategia che sta emergendo nel settore della ristorazione che, attraverso regole un po’ più ferree, potrebbe cercare di tamponare i disagi economico-sanitari in un colpo solo: da New York a Chicago a Houston molti ristoranti hanno fissato un tempo massimo di 90 minuti per entrare nel locale, consumare il pasto e pagare il conto. La nuova misura viene comunicata ai clienti al momento della prenotazione e al momento del loro arrivo, per lasciare tutto il tempo di valutare se accettare o meno. A dare una spiegazione di questa misura è David Schneider, direttore al Portale, ristorante a Dowtown di Manhattan: “Diamo il tempo ai nostri clienti di prepararsi ogni minuto per noi è importante”.


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(Foto di Bryan R. Smith, da Getty Images)

In sostanza lo scopo dietro questa misura è da un lato di garantire ricambio d’aria e distanziamento, dall’altro di permettere l’afflusso di un maggior numero di clienti, spalmato in maniera più omogenea e organizzata durante le ore di servizio. Anche perché i locali sono sottoposti a un limite del 25% di clienti da non superare. Al Boka Restaurant di Chicago le persone vengono avvertite tre volte: al momento della prenotazione, quando il ristorante chiama per avere la conferma e all’arrivo. Il direttore del locale Gabe Garza spiega: in un primo momento la scadenza non è stata fatta rispettare con estremo rigore, ma il passare dei giorni ha portato a una applicazione della misura in maniera più ferrea. Al novantesimo minuto, spaccando il secondo, i camerieri si avvicinano ai clienti per invitarli a lasciare il tavolo. L’idea è che, comunicando in più occasioni la nuova misura, i clienti possano non risentirsi per il trattamento un po’ inusuale dovuto all’emergenza. Al Kata Robata di Houston, Texas, un tavolo su venti (in media) protesta perché non vuole lasciare il tavolo. Ma i proprietari sono ottimisti: è solo una questione di tempo prima che tutti si abituino (a non avere il tempo di una volta).


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Questo è uno dei tanti modi adottato negli Stati Uniti per far fronte ai problemi creati dal coronavirus, un’epidemia che è lontana dall’esaurirsi nel giro di poco. Per questo l’importante è convincere tutti dell’importanza di collaborare. Proprio di recente Anthony Fauci, immunologo membro della task force della Casa Bianca, avrebbe commentato a SkyTg24: “Concordo con il fatto che teoricamente l’ordine di imporre a tutti l’utilizzo delle mascherine sia una cosa positiva. Uno dei problemi che, però, troviamo negli Stati Uniti è dato dal fatto che quando il Governo impone o suggerisce di fare qualcosa, molte persone fanno resistenza e non vogliono che il governo gli dica cosa fare. Lo spirito di indipendenza che abbiamo qui negli Stati Uniti in alcuni sensi è positivo ma a volte quando si ha troppo spirito libero non si fanno cose che invece andrebbero fatte per il bene della salute pubblica”

 

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