Covid, le mosse del Governo: coprifuoco e didattica a distanza

L’esecutivo è pronto a imitare la Francia e a chiudere tutto entro le 22. La diffusione del Covid rischia di passare attraverso la scuola: ecco l’opzione didattica a distanza che torna per le superiori.

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Giuseppe Conte pronto a prendere nuovi provvedimenti – meteoweek.com

I casi di positività al Covid-19 continuano a salire giorno dopo giorno su scala nazionale. Davanti a una situazione del genere, con il nuovo record di nuovi casi fissato nella giornata di ieri, il Governo non rimane con le mani in mano. È pur vero che sempre ieri si è registrato anche il nuovo record di tamponi effettuati, ma questo fa capire che il lavoro sta crescendo in questa direzione. Per questo motivo, l’esecutivo guidato dal premier Conte sta valutando una serie di mosse da mettere in pratica, in modo che l’Italia non debba ripiombare nell’incubo del lockdown.

Conte ha fatto capire chiaramente che chiudere tutto sarebbe troppo dannoso, proprio adesso che l’economia mostra segni di ripresa. Ecco allora che si stanno valutando alcune piccole ma significative mosse, che non dovrebbero danneggiare l’economia nazionale, ma potrebbero comunque limitare la diffusione del Covid. E anche su una chiusura totale per un breve periodo, il premier ha mostrato una evidente riluttanza: “Una cosa che non esiste. Dobbiamo aspettare due o tre settimane per capire gli effetti delle misure attuali, dalla mascherina all’aperto al limite di sei ospiti a casa“.

Da Palazzo Chigi arrivano i primi spifferi sul modo in cui il Governo agirà nei prossimi giorni. In primis con l’eventualità di un coprifuoco che riguarda soprattutto la presenza di persone nei locali pubblici. Da questo punto di vista non viene esclusa la possibilità, così come accade ad esempio in Francia, di chiudere prima i pub e i bar. Le saracinesche dovrebbero abbassarsi alle 21 o alle 22 in questo caso, con buona pace dei rappresentanti delle categorie. Anche perchè, nel caso in cui non dovessero essere seguite le regole, arriverebbero sanzioni pesanti.

Lucia Azzolina non vuole chiudere le scuole – meteoweek.com

Il Covid obbliga alla didattica a distanza

E poi c’è il capitolo dedicato alla scuola, che è tornato a tenere banco dopo gli eventi delle scorse ore. In particolare per quanto sta succedendo in Campania, con il governatore De Luca che ha fatto chiudere scuole medie, licei e università fino al prossimo 30 ottobre. Una scelta aspramente criticata dal ministro Lucia Azzolina, che insieme al resto della squadra di Governo sta comunque valutando soluzioni alternative. Come ad esempio il ritorno alla didattica a distanza, un provvedimento che l’attuale esecutivo non avrebbe mai voluto rispolverare dopo i forti investimenti sugli edifici scolastici.

Sono state soprattutto le regioni a chiedere questo intervento, se non altro per ridurre al minimo i rischi per alunni e personale scolastico. Al momento il ministro dell’istruzione appare contrario a questa soluzione, proprio per non disperdere quanto di buono è stato fatto nei mesi estivi. Ecco allora che, dopo l’intervento del premier Conte, si sta valutando una soluzione che possa tenere tutti dalla stessa parte. Potrebbe tornare la didattica a distanza, ma solo per gli istituti superiori e le università. Mentre il Pd propone: 50% di didattica digitale, alternando casa e scuola.

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Il tutto mentre stanno iniziando a riapparire le prime zone rosse in giro per l’Italia. Il provvedimento estremo, che di fatto isola interi territori, si è già visto in alcuni Comuni del nostro Paese. Anche perchè il Governo non vuole arrivare nel cuore dell’inverno senza avere una visione chiara del da farsi. Lo spettro è quello di un lockdown che si protragga anche oltre le festività natalizie, qualcosa da evitare per il bene degli italiani. E Speranza si è espresso così con i governatori di regione: “Il quadro sta peggiorando, dobbiamo irrigidire le misure di contenimento. Il Dpcm appena entrato in vigore è una mattonella comune a tutti. Ora sulla base del monitoraggio capiremo dove conviene stringere“.

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Ma nel frattempo emerge anche il timore per quelle che vengono considerate categorie lavorative a rischio. Il ministro per le autonomie Francesco Boccia, infatti, durante l’incontro con le regioni è stato chiaro. E ha parlato di un’eventuale “interruzione di attività sociali e culturali a maggior rischio di assembramento“. Spiccano in particolare palestre, saloni di bellezza, cinema, teatri e sport di base.

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