Nuovo Dpcm, chiusi i teatri: ma assembramenti non ne vedono mai

Chiusi cinema, teatri, sport, palestre, centri sociali e culturali. Questo è quanto stabilito dal nuovo Dpcm per contrastare la diffusione del Coronavirus, firmato dal governo Conte ed entrato in vigore questa notte. Sospesi quindi gli spettacoli aperti al pubblico in sale teatrali, sale da concerto, sale cinematografiche e in altri spazi, anche all’aperto. 

Cinema, teatri, sport, palestre, centri sociali e culturali. Sono queste solo alcune delle attività, unite a bar e ristoranti, che da oggi si trovano costrette ad abbassare – di nuovo – le saracinesche e a chiudere le porte. L’ultimo Dpcm firmato a Palazzo Chigi ed illustrato ieri in Conferenza stampa ha infatti annunciato limitazioni per diversi settori, al fine di evitare un nuovo lockdown generalizzato che risulterebbe invece necessario se i contagi da Coronavirus nel nostro Paese non dovessero arrestarsi. “Un dolore la chiusura di teatri e cinema. Ma oggi la priorità assoluta è tutelare la vita e la salute di tutti, con ogni misura possibile. Lavoreremo perché la chiusura sia più breve possibile e come e più dei mesi passati sosterremo le imprese e i lavoratori della cultura”, ha twittato il ministro per i Beni culturali Dario Franceschini.

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Difficile pensare, comunque, che un teatro sia luogo di assembramento. I biglietti venduti dai teatri sono pochi anche in tempo in pace e i luoghi di cultura, tristemente condannati dall’ultimo decreto, faticano a sopravvivere. Difficile pensare che il contagio da Coronavirus si diffonda in quei luoghi più di altri distanziati, controllati, sottoposti a protocolli rigidissimi da rispettare. Quanti contagi ci sono stati nei luoghi di cultura? E quanti invece nei bar e nei ristoranti? Forse meno di quelli che ci sono stati sui mezzi pubblici. Eppure, questi sono i primi a chiudere in quanto considerati, più che a torto, “non necessari”. I dati Agis, all’11 ottobre scorso, certificavano come dalla riapertura post-lockdown vi sia stato un solo contagio su 350mila spettatori nelle sale di tutta Italia.

Da qui, le numerose petizioni che si stanno diffondendo in queste ore sul web, per chiedere non solo una marcia indietro da parte del Governo sulla decisione firmata l’altro ieri notte, ma soprattutto per chiedere che la cultura sia rivalutata come ciò che è: qualcosa di essenziale, non di opzionale; che da anche lavoro; che significa vita, per molti. Sono scesi in piazza, in queste ore, i proprietari di bar, discoteche e ristoranti che già nei giorni scorsi avevano protestato contro il coprifuoco. Accanto a loro, ci sono i lavoratori dello spettacolo che già dall’inizio di ottobre avevano chiesto urgenti provvedimenti, attraverso una manifestazione che rivendicava i diritti dei lavoratori del settore. Il grido, però, è rimasto inascoltato ed oggi è diventato sempre più forte. Nei prossimi giorni, sono state già organizzate altre proteste per chiedere considerazione e un cambio di rotta. La cultura, gridano a gran voce, non può essere messa da parte.

 

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