Covid, esperti: “Misure insufficienti, terza ondata può essere la peggiore”

Le misure di restrizione del nuovo dpcm potrebbero non essere sufficienti a contrastare la diffusione del Covid-19. La terza ondata del virus, secondo gli esperti, potrebbe essere peggiore delle altre.

Una chiusura parziale potrebbe non essere abbastanza per arginare il Covid-19. Nei mesi scorsi si è perso troppo tempo, lasciando che il virus si diffondesse nuovamente. Adesso l’Italia sta per pagarne le conseguenze. A lanciare l’allarme sono gli scienziati, i quali hanno avvisato la popolazione in merito ad una terza ondata dell’epidemia. Essa potrebbe essere peggio delle altre. A quel punto l’unica soluzione sarebbe un altro lockdown totale.

Ricciardi: “Misure emanate in ritardo”

Walter Ricciardi, consigliere del ministro della Salute Roberto Speranza e ordinario di Igiene generale e applicata all’Università Cattolica di Roma, sostiene che le misure di restrizione dovessero essere attuate in anticipo ed in maniera diversa. “Ci sono aree del Paese – spiega – dove l’indice di contagio è alto e già da due settimane dovevano essere prese misure più forti, lockdown mirati“. La chiusura di esercizi come le palestre, ad esempio, doveva avvenire prima, secondo l’esperto.

Il rischio adesso è di andare incontro a una terza ondata peggiore delle altre, complice il lungo inverno che attende l’Italia. “Le pandemie – continua Ricciardidurano mesi, se non anni. È chiaro che un comportamento coerente da parte di tutti consente di convivere con il virus in maniera normale fino a quando avremo un vaccino. Se si abbassa completamente la guardia e l’attenzione è chiaro che ci sono ondate successive“. La consapevolezza arriva dal recente passato. “Dobbiamo ricordare che nel caso dell’epidemia spagnola, l’ondata pericolosa, quella che fece più morti, fu proprio la terza“. L’unico modo per arginare la diffusione del Covid-19, dunque, è avere misure più efficaci di quelle correnti, rafforzando in primis il tracciamento.

Un’arma, in questo senso, sarebbe dovuta essere l’app Immuni, che tuttavia non ha dato i risultati sperati. “Se non funziona, la colpa non è solo dei cittadini, ma anche dei medici di medicina generale e delle aziende sanitarie che ancora non sanno come usarla. Finché non si entra in questa logica, siamo destinati ad alti e bassi e la storia di questa estate potrebbe ripetersi certamente anche a Natale“, prosegue Ricciardi. Diversa, invece, la situazione in Cina, dove il tracciamento è diventato la soluzione all’epidemia. “Nel momento in cui hanno un focolaio lo circoscrivono immediatamente, per cui a quel punto si possono permettere anche di vivere una vita pressoché normale. Se non entriamo nella logica di governare con evidenza scientifica, rigore e coordinamento, alla fine avremo sempre focolai epidemici non controllati“.

covid ricciardi

Pregliasco: “C’è rischio lockdown”

Sulla medesima onda di pensiero è Fabrizio Pregliasco, virologo e ricercatore dell’Università degli Studi di Milano. “Quanto prima si prendono certe misure restrittive – sottolinea – tanto più è possibile il contenimento. Sicuramente, se le indicazioni del dpcm fossero state prese magari un paio di settimane fa, sarebbero potute essere ancora più efficaci“. Ora tuttavia potrebbe essere inevitabile ricorrere ad una nuova chiusura totale. “Tra i vari scenari deve essere considerato anche un lockdown generalizzato, anche se – ammette – spero che non si arrivi a questa misura“.

Ospedali in tilt

A preoccupare gli esperti è soprattutto lo stato degli ospedali, che si stanno sovraffollando. La situazione è destinata a peggiorare con l’arrivo dell’inverno e, dunque, della stagione influenzale. In molti, infatti, si accalcheranno nei pronto soccorso anche con una banale influenza, preoccupandosi di avere contratto il Covid-19. I medici, ad oggi, non sono abbastanza per fare fronte a tale emergenza, né hanno le risorse necessarie.

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A parlarne Pier Luigi Lopalco, professore di Igiene generale e applicata all’Università di Pisa e assessore alla Salute della Regione Puglia. “Esiste – spiega – un limite insuperabile del nostro sistema sanitario che è il numero degli operatori. E non si supera con un mese, ma con 10 anni, perché tanti ne servono per formare un medico. Noi non siamo come l’Olanda o l’Inghilterra che chiamano i medici dall’India. I nostri specialisti sono italiani e sono già tutti al lavoro. Ricordiamo poi che nell’emergenza, qualche terapia intensiva in più la si realizza, come a Milano nella fiera. Ma senza i medici come si fa?“.

Il problema, secondo l’esperto, è evidente. “La sanità di un Paese in forte debito pubblico come il nostro – continua – deve essere necessariamente iperefficiente. Significa che un ospedale che non ha il 95 per cento dei letti occupati in genere lo si chiudeva, perché etichettato come inefficiente, e quindi non ce lo potevamo permettere. Anche il personale sanitario è stato tarato su quei parametri. È ovvio, dunque, che con la pandemia tutto il sistema sanitario ormai si trovi in sofferenza“.

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