Revenge porn, le vittime ostaggio degli ex: sul web il “do ut des”

Molte ragazze vittime di revenge porn sono ostaggio dei propri ex sul web. I loro contenuti privati si diffondono, anche a distanza di anni, nella rete spesso senza essere fermati. Ad incrementare la frontiera dell’orrore è il “do ut des”.

revenge porn

In Italia le vittime di revenge porn sono migliaia. Nella maggior parte dei casi a diffondere sul web i contenuti hot delle ragazze sono gli ex fidanzati, per ricatto o vendetta. I materiali privati finiscono per essere diffusi in rete tramite canali diversi, molti dei quali incontrollati. E’ il caso, ad esempio, dei gruppi Telegram, che hanno milioni di iscritti. All’interno di essi non vengono scambiati soltanto contenuti porno, ma anche semplici foto quotidiane di donne, spesso minorenni. A essere sempre più diffusa è la pratica del “Do ut des“.

Il revenge porn

Le vittime di revenge porn sono sempre più numerose. Molte di loro sono giovanissime e ormai da anni vivono l’incubo di una notorietà mai richiesta. La loro intimità è stata infatti diffusa in rete, tramite social network come Instagram o Telegram. La polizia cerca di giorno in giorno di arginare fenomeni di questo genere, ma a causa della loro propagazione a macchia d’olio non è semplice. I tempi, a causa delle lentezze burocratiche, sono inoltre lunghi. Molto spesso nessuno paga per tali gesti, mentre la vita delle ragazze coinvolte diventa un vero e proprio dramma.

La Procura della Republica e la Polizia Postale stanno da mesi indagando su un episodio di revenge porn che ha coinvolto un gruppo di ragazze di Napoli. Alcune di loro sono annientate dal dolore, tanto da non uscire più di casa. Una ha persino tentato il suicidio.

I legali delle giovani hanno inviato numerose istanze nei confronti dei social network affinché i contenuti vengano rimossi, ma a distanza di diverso tempo non hanno ricevuto alcuna risposta. Le sedi legali sono infatti all’estero e nella maggior parte dei casi irreperibili. Le foto e i video intimi intanto vengono periodicamente ripubblicati senza che nessuno ne paghi le conseguenze, ad eccezione delle vittime.

Le segnalazioni finora fatte, sia in sede legale che dai genitori delle ragazze – spiega l’avvocato civilista Roberta Fogliamanzillonon hanno ottenuto alcun risultato. Anzi, il social ha addirittura risposto che quelle pagine non violano le regole della community“. “Va immediatamente fermato questo assurdo sistema“, dice Sergio Pisani, avvocato penalista che difende la famiglia di una delle ragazze.

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Il rischio del mancato blocco di tale vergognoso sistema è di avere nuovi casi come quello di Tiziana Cantone, suicidatasi proprio perché vittima di revenge porn. “E’ come lasciare in giro persone armate – dice il padre di una delle vittime – e se il social non è in grado di intervenire allora venga disposto il sequestro in via preventiva altrimenti si rischiano esasperazione e gesti estremi“.

La pratica del “do ut des”

A incentivare la diffusione del revenge porn, intanto, è la pratica del “do ut des“. I gestori dei gruppi, infatti, incentivano i partecipanti a cercare e mandare nuovi contenuti al fine di accedere a quelli già presenti. Un circolo vizioso in cui le vittime sono sempre le medesime. Oscurare queste immagini, senza la collaborazione dei fruitori, sembra impossibile.

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Eppure – continuano gli avvocati – per i social è facile risalire a tutti coloro che stanno seguendo queste pagine e alle immagini illegali che mano mano vengono pubblicate. Bisogna intervenire prima che sia troppo tardi. E’ inimmaginabile – concludono – che questi soggetti siano lasciati liberi di assumere sempre nuove identità e luoghi dove commettere indisturbati i propri crimini“.

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