“La street art deve essere illegale, altrimenti diventa muralismo”: parla l’avvocato di Geco

Geco è un writer indagato dalla Procura di Roma per aver scritto il suo nome sui posti più improbabili della Capitale e di altre città europee. Dopo l’annuncio dell’identificazione, Domenico Mellilo – legale e street artist – è intervenuto in sua difesa, contro il post di Virginia Raggi.
Geco è ovunque. Sui muri di Roma, negli angoli più nobili della Capitale, sulle facciate dei palazzi. La sua è l’arte del writing, ma la sua “cattura” è stata celebrata da Virginia Raggi sui social con enfasi ed entusiasmo, tanto che la Sindaca di Roma ha condiviso sui sul suo profilo Facebook un post in cui ha mostrato il materiale sequestrato nel suo appartamento di San Lorenzo. Il ragazzo, infatti, tra i più ricercati d’Italia e d’Europa, è stato rintracciato dagli agenti ma in sua difese è intervenuto Domenico Mellilo, avvocato, specializzato nel diritto dei writer.
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In un’intervista ad Open, il legale ha così commentato la vicenda dicendosi stupido dal post di Virginia Raggi: “Certe informazioni sarebbero anche coperte da segreto, visto che il procedimento attualmente è in fase di indagini preliminari. Purtroppo ho già visto altre volte questa dinamica. Quando si avvicinano le elezioni colpire i writer diventa un modo per far vedere che l’amministrazione tiene al decoro della città”. Il writing, ha poi spiegato Mellilo, da cui nasce la street art “ha dentro di sé un Dna illegale. Deve essere esercitato fuori dalla spazio consentito. Altrimenti è un’altra cosa, diventa muralismo. Semplice pittura sui muri che prende in prestito tecniche del writing”.
Contraddizione di fondo
“C’è una contraddizione chiara fra amministrazioni e street artist. Spesso il comune denuncia questi artisti ma altrettanto spesso li chiama per riqualificare aree della città”, ha spiegato il legale. Attualmente, non esiste una differenza, a livello di legge, tra tipologie di imbrattamento. “Quello che sto cercando di fare negli ultimi anni e delineare delle divisioni in questa giurisprudenza a favore del diritto di espressione delle culture urbane. Nei casi in cui il disegno viene fatto su un muro già rovinato ed emerge chiaramente una ricerca estetica, come si può parlare di imbrattamento?”, spiega Domenico Mellilo.
Poi spiega cosa accadrà ora a Geco: “Non è nemmeno arrivato l’avviso di conclusione delle indagini. Una volta che avremo capito i capi di accusa sarà più facile inquadrare quello che sta succedendo”. Secondo la norma anti-writer, le condotte di Geco possono essere punite in base all’articolo 639 del codice penale. C’è però anche il 635: “In questo caso viene punito il reato di danneggiamento, che si distingue dal semplice imbrattamento per gli effetti permanenti sul bene. Con la recidiva, si possono scontare fino a due anni di reclusione per il 639 e fino a tre anni per il 635”.