‘Ndrangheta, il boss Maurizio Cortese diventa collaboratore di giustizia

Indicato come reggente della potente cosca dei Serraino, il boss Maurizio Cortese diventa collaboratore di giustizia. Arrestato a luglio scorso insieme alla moglie, ha intrattenuto contatti con altre famiglie della ‘ndrangheta.

Maurizio Cortese diventa collaboratore di giustizia - meteoweek.com
Maurizio Cortese diventa collaboratore di giustizia – meteoweek.com

Lo scorso mese si le forze dell’ordine avevano portato a termine l’operazione “Pedigree 2”, inchiesta contro la cosca Serraino e durante la quale era stato arrestato anche l’ex assessore comunale di Reggio Calabria, Seby Vecchio. Accusato di associazione mafiosa, secondo la Procura era infatti lui il “politico di riferimento della cosca”. Tale operazione, però, è risultata come il seguito dell’inchiesta “Pedigree” che nel lulgio scorso aveva portato all’arresto di altre 12 persone. Tra questi, appariva il nome del reggente della cosca, ovvero Maurizio Cortese – insieme, tra l’altro, alla moglie Stefania Pitasi, promotrice e “portavoce” del clan. A seguito dell’arresto, secondo quanto viene riportato dalle fonti dell’ANSA, pare che Cortese abbia infine deciso di diventare collaboratore di giustizia.

Cortese accetta di collaborare con la giustizia

Secondo quanto viene riportato, il boss Maurizio Cortese, reggente della cosca Serraino (tra le più potenti della ‘ndrangheta), avrebbe iniziato a collaborare con la giustizia. Contestualmente a un’udienza legata all’operazione “Pedigree”, sarebberso stati depositati i verbali del boss, arrestato lo scorso luglio a seguito di un’ordinanza del gip su richiesta della Direzione distrettuale antimafia.

A presenziare al suo interrogatorio è stato il sostituto procuratore della Dda, Stefano Musolino, che assieme al procuratore Giovanni Bombardieri e ai pm Walter Ignazitto, Sara Amerio, Paola D’Ambrosio e Diego Capece Minutolo, è stato il coordinatore di tutta l’inchiesta firmata come “Pedigree”.


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Secondo quanto si è appreso, dunque, Cortese riusciva a dare dare indicazioni agli affiliati e a gestire gli affari della cosca Serraino anche durante i lunghi periodi di detenzione. In questo frangente, ruolo importante era giocato dalla moglie Stefania Pitasi, anche lei arrestata e figlia del boss Paolo Pitasi. Era la donna, infatti, a fare da “portavoce” del marito in sua assenza, e riusciva a far pervenire i messaggi al clan grazie ad alcuni cellulari fatti entrare illecitamente nel carcere di Torino.


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Maurizio Cortese era stato già condannato in via definitiva durante il processo “Epilogo”, ma era risultato latitante per un lungo periodo. Soltanto nel 2017 era stato infine nuovamente catturato dalla squadra mobile e dai carabinieri. Con gli anni, Cortese sarebbe poi riuscito a scalare le gerarchie della cosca Serraino, tanto da riusicire a intrattenere legami anche con gli esponenti delle altre importanti famiglie esponenti della ‘ndrangheta.

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