Strage di Carignano, cosa si nasconde dietro un padre che ammazza i suoi figli

La strage di Carignano è solo l’ultima, in ordine di tempo, di tragedie familiari che si consumano da tempo. Ma cosa spinge un padre, o una madre, a sterminare la propria famiglia?

Non ce l’ha fatta neanche Aurora, la bambina di due anni ferita dal padre con un colpo di pistola alla testa. Lei, due anni, sarebbe stata – se fosse sopravvissuta – l’unica superstite della strage familiare di Carignano, comune nel torinese. In quella strage, sono morti la madre; il fratellino gemello; ma anche suo padre. Proprio quel padre che, in quella villetta da poco costruita, ha messo fine alla felicità della famiglia, distruggendola per sempre.

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Lui, Alberto Accastello, operaio di 40 anni, ha prima sparato alla moglie – Barbara Gargano; ma non ha risparmiato né i suoi due figli, né il cane di famiglia; né se stesso. Così, si è poi suicidato. Dalle ricostruzioni dei Carabinieri, giunti sul luogo del delitto poco dopo l’allarme, sembra che la motivazione possa risiedere nella volontà della moglie di separarsi. “L’uomo ha avuto un classico raptus di follia”, si legge sui giornali. Un raptus che ha prima ucciso la donna, sparata con un colpo di testa; e che poi si è poi scagliato contro i figli, forse svegliati dal rumore di quel colpo mortale.

La domanda è: perché?

Una follia insana, quella di Alberto Accastello, che si è conclusa con l’unico gesto possibile: quello del suicidio. E il suo caso non è certo l’unico. Era già successo a luglio dello scorso anno, a San Gennaro Vesuviano: il papà di una piccola di 16 mesi l’ha gettata dal balcone del secondo piano; poi si è buttato nel vuoto. Ancora, a fine maggio 2019, ha perso la vita un bimbo di due anni, a Milano. Ma ci sono episodi anche nel 2018, nel 2017, nel 2016 ed andando indietro nel tempo i casi non fanno altro che aumentare. Qual è , quindi, la causa di queste furie omicide?

Isabella Merzagora, professore ordinario di Criminologia all’Università degli Studi di Milano e Presidente della Società Italiana di Criminologia, ha provato ad analizzare il fenomeno: “Spesso si tratta di più motivazioni che talvolta, ma non sempre, derivano dalla malattia mentale. In altri casi, la spinta deriva da un disagio esistenziale o dalla volontà di far del male al partner attraverso i figli”. E a fare luce su queste dinamiche ci sono anche gli psicologi che invece si soffermano su un altro punto, ancor più drammatico: la disperazione, che tra le mura di casa non si vede, che sfuma in depressione, talvolta silenziosa, talvolta gridata. Disagi relazionali, psichici, mentali che cercano di essere controllati e poi, alla fine, esplodono. Ci sono poi i disastri economici, i timori di non potercela fare e di creare un danno ai propri familiari, unito alla percezione di non essere abbastanza, di poter fare di più.

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